Back to banter era

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We are back, baby! Back to banter era.
Qui non siamo in crisi di risultati, siamo proprio nella merda e occorre non una mossa padronale ma un tornado, che prima di tutto faccia volare fuori dai coglioni il coach del nulla. A Pioli sono veramente girati bene 4 mesi di calcio bersagliero in pieno Covid, che hanno entusiasmato e compattato squadra e tifosi, motivato IL leader (Ibra), e generato un Sogno culminato nel maggio del 2022. Non poco, anzi, il meglio successo da anni.
Ma da tempo la squadra ha (aveva) bisogno d’altro: di un tecnico di alto livello, che rispecchiasse attraverso metodi, scelte e atteggiamenti le nuove ambizioni. Con altre idee e altra personalità. Pena rimpicciolirsi a dimensione, immagine e somiglianza del mister parmense. Ovvero dove siamo oggi.

Questo schifo di calcio pastrocchiato, un ibrido fra l’imitazione italiana della scuola tedesca e una versione squinternata dello zemanismo, è giunto alla fine. Stiamo crollando perché persino il più piolista dei pioliani in rosa non è più in grado di immaginare qualcosa di diverso dal far cagare. Dopo dodici mesi di puttanate tattiche coperte in parte da solismi, mentalità e momenti di strapotere fisico, nessun giocatore ha capito un cazzo di cosa deve fare, dove deve stare. Sempre che non sia zoppo.
D’altronde se uno pretende di aggredire la serie A e l’Europa facendo rinviare lungo il portiere, con la squadra alta, larga, sfilacciata, con 30 metri di campo vuoto alle spalle della difesa, con le istruzioni di ogni singolo che cozzano con quelle del compagno, con l’1vs1 come unica arma sia davanti che dietro; se uno sbilancia la squadra a morte per produrre letteralmente un cazzo se non una rete di passaggi scontati; se uno pretende di vincere senza schemi, velocità, preparazione dei piazzati, cross, filtranti, combinazioni, pressing organizzato e cattiveria agonistica…boh. Che lo spiegasse lui che cosa ha in testa perché nessuno lo capisce più. Specie i giocatori.
Fra le righe è ciò che abbiamo visto in 4 anni al minimo calo di tensione o fisico, o appena il livello è salito troppo; è la tendenza di tutte le idee di Pioli, il vertice che ha sempre raggiunto nelle sue avventure: una palude dove non si segna nemmeno con le mani, dove si hanno 12 indisponibili, dove tutti i giocatori sembrano incapaci di intendere e di volere. E dove i risultati sono, ovviamente, impossibili da ottenere.

Veniamo all’area tecnica. Le cazzate sull’algoritmo vanno bene giusto sulla stampa italiota, che considera esotica e stregonesca la lettura delle statistiche; questi signori non fanno niente di strano, o di innovativo, o di particolarmente diverso: è quello che vi ho scritto tutta estate. Voi magari l’avete letta come una ‘difesa a priori’ di Moncada&co, ma era semplicemente una constatazione. Hanno un metodo e provano ad applicarlo, ed io non sono né preoccupato né stupito da questa cosa. C’è sempre e solo un modo per valutare il lavoro: il campo.
Il campo dice che la squadra è partita bene, i nuovi si sono inseriti anche in fretta, ci si è ripresi da una batosta di campo prendendo la testa della classifica. Ma una volta giunti in mare aperto i nuovi acquisti si sono tutti persi, e andando avanti così non sopravviveranno in molti. Specie ai preparatori atetici.
La ciurma più navigata sta abbandonando la nave, i nuovi non hanno purtroppo in testa la mentalità giusta per sostituirli alla guida. Molto semplice.
E arrivano dunque le dure lezioni per i nostri piccoli nerd: anzitutto i risultati sono una cosa, le prestazioni un’altra. Confermare Pioli per uno Scudetto lo posso capire, ma per una semifinale di Champions raggiunta con tre contropiedi, e dove siamo stati ridicolizzati, è incomprensibile. Bisogna guardare le partite: il Milan bersagliero è finito nell’inverno del ’21; sono seguiti un Milan in tranche agonistica (pilotato da Maldini, Ibra e un Sogno), poi un Pioli-bis che si è lettermalmente scatafasciato nel gennaio scorso. Proseguire col tecnico emiliano è stato un errore enorme, marchiano, banale e che mette in discussione tutto il ‘progetto’. A proposito qualcuno chieda a Moncada qual è, perché o non lo stiamo più seguendo e allora bisogna prendersi responsabilità; oppure se è questo i prezzi di San Siro vanno dimezzati.
Bisogna avere sensibilità, le grane che sono esplose in queste settimane covavano e andavano affrontate: il Milan ormai ha giocatori importanti in rosa, non solo ragazzini, e vanno gestiti. Quando Calabria ( C ) arriva a manifestare pubblicamente d’essersi rotto il cazzo di subire imbarcate, non si può far finta di nulla anzi bisogna vergognarsi perché vuol dire che si è stati assenti e colpevoli di ignavia.
Bisogna anche avere equilibrio nelle scelte, e coerenza. Gli obiettivi dichiarati sono Scudetto e competitività in Europa. L’impatto di Pulisic e Ruben è stato di un certo tipo; quello degli altri d’altro tipo. Non serve aggiungere altro: a gennaio, a giugno, serviranno mosse di livello sul mercato e a livello organizzativo. Inoltre devono sapere Moncada e D’Ottavio che esistono pure gli avversari; lo sanno?

Ma parliamo anche di Furlani, uno che personalmente non conoscevo. Io ho preferito l’attesa al dargli contro subito. Mi pare che per lui possa valere il detto milanese ofelè fa el so mestè, ovvero (non letteralmente) che ognuno dovrebbe occuparsi di ciò che sa. Sarà pur bravo a fare il finanziere e il gestore, c’avrà pure il pelo sullo stomaco, ma del calcio e delle sue dinamiche tecniche e/o comunicative non capisce una minchia.
Si è certo programmato un buon avvio di incarico, lanciando la bomba atomica Tonali lontano da Milano, sistemando anche il bilancio; si è inserito bene nel “Mondo Milan” dove pare evidente che governa il pollaio. Poi pure lui appena la nave è salpata è finito in balia dei marosi, anzi dei marottosi, perché il dirigente nerazzurro che già gli ha messo in quel posto il calendario gli sta certamente preparando altro, e non mi pare che si sappia replicare; ma è soprattutto ostaggio della ciurma, che non governa per niente. Quattro veline sui giornali e qualche scemenza folkloristica à la Galliani non lo aiuteranno di certo. Furlani con tutto il rispetto può stirargli la cravatta. Per non parlare di quale umilissimo compito potrebbe al momento svolgere per il suo predecessore Ivan Gazidis.
Il Milan è una non squadra squallida con il 25% della rosa indisponibile a tempo indeterminato: vanno prese decisioni impattanti sull’oggi e sul domani, di quelle non programmate, mettendoci la faccia: e vediamo di che pasta è veramente fatto Giorgetto, e quali assi tiene nella manica. Perché ne ha, giusto?

E arriviamo ai giocatori. Su Tomori ho già scritto: Leader Maximo. Calabria, Giroud, Florenzi non hanno mollato, anche se i primi due hanno cantato. Leao vive un momento di crisi: a Pioli deve molto, forse è colui che più sta soffrendo il collasso della guida tecnica. Ipotizzo eh. Altri invece hanno proprio rotto il cazzo, in primis ovviamente Theo Hernandez, probabile pretoriano delle “Vedove di Maldini”, che voglio sperare siano poche e isolate perché diversamente staremmo parlando di un gruppo di ignobili e di fucilati mentali. Maldini, appunto, si vergognerebbe di loro.
E’ innegabile che qualcuno dovrebbe comunque gestirlo e magari ascoltarlo, senza giustificarlo; bisogna sempre imparare dai Grandi: fingere che i problemi non esistono è la più grande scemenza che si può fare specie in un contesto, quello calcistico, dove i risultati sono richiesti tutte le settimane.
La nostra nave comunque si chiama MILAN e per gli ammutinati, quale che sia il motivo, c’è la legge marziale. Guardassero, lui e tutti, molto bene cosa succederà domani a chi ha voltato le spalle al Diavolo.
Prima si da tutto, poi eventualmente si parla, poi si ridà tutto: specie quando le cose vanno di merda. Se la Fascia ce l’ha Davide e non Theo c’è un motivo, ed è Sacrosanto.

Al signor Cardinale va spiegato forse cosa è stata la “Banter Era” milanista e perché ci siamo quasi di nuovo dentro, e lo facciamo coi numeri: nel corso del 2023 il Milan ha disputato 45 partite in tutte le competizioni e ne ha vinte 19, pareggiate 12 e perse 14. Ha segnato 57 reti subendone 49, in 14 partite non ha segnato (30%) e in 12 ha subito più di un gol. Contro romane, juve, Inter e Napoli ha disputato 17 incontri in tutte le competizioni perdendone 8 (6 derby) e pareggiandone 4, segnando 19 gol e subendone 24. In Europa ha giocato 9 partite, vincendone 2, pareggiandone 4 e perdendone 3, segnando 3 gol e subendone 7. Nella buona sostanza: il Milan di Cardinale è finora una squadra di merda asfittica, efficace solo nel contropiede e col vizietto dell’umiliazione stracittadina (5 derby persi su 5) e della goleada subita (ben 5 cappottate in questo anno solare). A titolo di esempio quello che è considerato l’ultimo Milan “Banter Era”, quello di Gattuso 2018/19, ha disputato 49 partite vincendone 24, pareggiandone 12 e perdendone altrettante; 74 gol fatti, 47 subiti, e un quinto posto fra l’altro sfortunato frutto più di paperonze del portiere che altro. Ricordo fra l’altro sconfitte e derby persi, ma mai imbarcate.
Nei numeri siamo già sotto, e fra poco toccherà anche a tutto il resto visto che non si è cambiato anzitutto il modo con cui la comunicazione semi-ufficiale si approccia a questi momenti, e le persone fra l’altro sono sempre gli stessi lacchè che con i loro “j’accuse” ai tifosi e le loro puttanate in stile nordcorea fanno solo incazzare. Non si è creata una mentalità coinvolgente, e caro Gerry: non la ri-creerà certo Ibra che, al pari di Maldini, ha fornito la visione e il contributo fondamentale per vincere lo Scudetto ma l’anno scorso non ha inciso per nulla.
Ibrahimovic saprà sicuramente sorprenderci, ma non è accettabile che sia questa l’idea per impedire lo scivolamento.
Soprattutto “Banter Era” per me è stato un periodo scelte cretine, stolte, incomprensibili, e di enorme competitività fra le “fazioni interne”, più ancora che con le rivali, che sono tornate prontamente a mangiarci in testa. Con “l’affaire” Maldini, su cui non tornerò mai più, abbiamo già iniziato a lottare come le tribù dei beduini, e questo soprattutto perché nessuno, né Furlani né Cardinale, ha spiegato un cazzo o ha semplicemente detto “Grazie Paolo per quello che hai fatto, da oggi però comando io e il responsabile sono io”.
Ecco io quando vedo Pioli che si autoaccusa dei fallimenti, da Responsabile Unico, e la conferma affidata ai bisbigli dei soliti 4 servi, mentre han capito anche i sassi che “il commissario” Ibra sarà eventualmente pronto a schermare il debuttante Abate…come faccio a non sentirmi tornato indietro nel tempo?
Cardinale il calcio è semplice: scegli a che livello vuoi stare, guardi e impari dagli altri, accomodando le tue idee e il tuo metodo secondo le logiche universali sempre valide. E se il tuo metodo è più giusto e valido, e sei uno cazzuto, emergerai vincente. Vuoi stare al top? Questi non sono i risultati giusti nè le prestazioni giuste.
La situazione è cristallina: serve un uomo forte a gestire le teste dei ragazzi, e serve un uomo ancora più forte a gestire la tattica, la preparazione e le partite; un Top manager, un vincente, che controbilanci con competenza e cazzo duro le derive nerdistiche e finanziaristiche di uomini che sicuramente sono capacissimi, ma sono troppo distanti dal campo. Il test “faidatè” è fallito.
Non tutti sono particolari ed invadenti come Maldini o Ibra, ci sono anche (soprattutto) i professionisti di ruolo: si pagano, e vengono. Il resto sono cazzate.
Tutto qua, parola a voi.

Larry

22/11/1997, primo blu. Un ragazzino guarda per la prima volta l’erba verde di San Siro da vicino.Il padre gli passa un grosso rettangolo di plastica rosso. “Tienilo in alto, e copri bene la testa. Che fra un po’ piove”. Lapilli dal piano di sopra, quello dei Leoni. Fumo denso, striscioni grandi come case e l’urlo rabbioso: MILAN MILAN…Quel ragazzino scelse: rossonero per sempre. Vorrei che non fosse cambiato nulla, invece è cambiato quasi tutto. Non posso pretendere che non mi faccia male. O che non ci siano colpevoli. Ma la mia passione, e quella di tanti altri, deve provare a restare sempre viva.