Il ritorno di Ibra è un fallimento per tutti

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Avevo un pò premesso questo post già con la chiusura della scorsa settimana. Va bene dare le colpe a Pioli per l’ennesima stagione con infortuni a grappoli, risultati altalenanti e cadute rovinose che rimarranno nella storia. Però non possono più esimersi da colpe coloro che hanno preso delle decisioni nella scorsa estate e che, ad oggi, sono stati sempre nell’ombra, rilasciando poche dichiarazioni (ma questo non sarebbe un problema) ma, soprattutto, non prendendo una posizione forte e chiara sulla guida tecnica. Quantomeno per tenere la barra a dritta e il gruppo concentrato sull’obbietivo.

La scorsa settimana, durante la premiazione per le 200 agonie subite da noi tifosi nel vedere sulla panchina PepdiParma, possiamo dire di avere già chiaro il futuro tecnico dell’allenatore e della società. Se non si festeggia a maggio, sarà un bell’addio con una stagione fallimentare alle spalle (la seconda consecutiva). Possiamo farci andare bene questa ammissione di resa da parte dell’allenatore? Per quanto mi riguarda, assolutamente no. Perchè più si avvicina il potenziale ritorno di Ibra, più si sta dichiarando (con l’aggravante che siamo al mese di novembre) che è il fallimento di tutti. Società, allenatore e squadra. Tutti sanno cosa penso di Ibra, per me un vero e proprio salvatore dei pellegrini rossoneri che vagano nell’ade, però arrivare a pochi mesi dal licenziamento di Maldini e le dimissioni di Massara, a cercare di portare lo svedese a Milanello, è una vera e propria resa. Il primo che dovrebbe sotterrarsi dalla vergogna è proprio il coach che ammetterebbe candidamente di essere stato una comparsa nello scudetto di Ibra e Maldini, d’altronde non è un caso che appena lo svedese si sia allontanato da Milanello (stagione scorsa), si sia tornati al mood pre Atalanta-Milan 5-0. Ovvero svacco e tracolli. I secondi che dovrebbero farsi delle domande sono Moncada e Furlani, perchè più passano le settimane e più appare chiaro che le vicissitudini di questa estate rappresentino più un regolamento di conti stile O.K. Corral, dove ci sono stati morti, feriti e sopravvissuti. Se continuo a sostenere che l’allontamento di Maldini sia stato corretto dal punto di vista aziendale, rimane l’incapacità di valutare il peso in tutta questa storia di Maldini, il peso di Ibra e il peso di Pioli. Pensando male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, pertanto non escludo a priori che questa situazione fosse stata calcolata per tendere il trappolone finale all’allenatore che ha venduto la pelle dell’orso per stare seduto sulla panchina ma che già ai tempi non poteva continuare a dirigere la squadra. Tanto lui le dimissioni non le darà mai, portiamolo all’esonero in modo da poterlo liquidare con pochi soldi in una transazione tra gentiluomini. Credetemi che non è così lontano il pensiero delle Comapny americane.

Gli ultimi che dovrebbero farsi delle domande e però darsi delle risposte immediate sono i giocatori. Perchè se, nonostante siano cambiate diverse facce, siano passati anni tutti insieme se deve esserci il sergente di ferro per tenerli sulle spine allora parliamo di gente proprio senza nerbo. Facile chiedere ingaggi milionari, facile pretendere titolarità ma se poi in 3 anni di Ibra non hai appreso nulla, allora c’è un grosso problema di mentalità. Kjaer, Theo, Calabria, Giroud e Maignan dovrebbero dare esempio, ma non credo che l’esempio corretto sia quello di fare casino davanti ai microfoni o alle telecamere. Basta chiamare chi di dovere in società e ammettere candidamente che il rapporto con l’allenatore è strafinito. Certi panni sporchi si lavano in spogliatoio. Ora qualcuno si prenderà delle responsabilità. Ibra non può essere il salvatore e non può essere un tutore del coach, ma se la situazione a Milanello è una polveriera, allora che si mettano i dirigenti in primis a fare il loro lavoro, poi si penserà da Ibra. Perchè anche questa sarebbe un’ammissione di essere uomini da scrivania e conti ma non uomini di campo e spogliatoio. Come disse una famosa frase di un film “non si può essere mezza incinta”.

Ad aggravare la posizione della società c’è anche questa totale passività nel farsi andare bene che dopo 100 e rotti milioni spesi, si arrivi a giocare le partite decisive e visibili in tutto il Mondo con Mirante, Pellegrino, Romero e Jovic. Il capitolo infortuni non può più essere accantonato. Ibra non farà il preparatore e non sarà un magico curatore (anche se ne avrebbe le capacità), gli allenamenti verranno gestiti sempre dalla premiata Macelleria Osti & C. Una sequela di infortuni muscolari che non può più essere un caso e che costringe la squadra a presentarsi con le riserve delle riserve in campo. È normale? Capisco che il diktat aziendale è “non parlare” ma di fronte ad una situazione così, almeno un intervento sui preparatori lo vogliamo fare? Oppure vige la regola che il coach è responsabile anche di quell’area e quindi via di ponzio pilatite e lo cacciamo a fine anno, dopo che mezza squadra sarà ormai al Cimitero Monumentale. Occhio che poi qualcuno ci organizza le visite…

Aspettiamo fiduciosi i prossimi bollettini medici che parleranno di semplici affaticamenti che sfociano poi in amputazioni e intanto stiamo sempre lì attaccati perchè una verità va detta, se con un calendario vergognoso come questo (ancor più vergognoso il silenzio societario in merito), un girone di Champions che non si è mai visto nella storia (anche qui con qualche dubbio in vista del Mondiale 2025), una sequela di infortuni degna di Saw e una situazione Coach/squadra fuori controllo, siamo a soli 3 punti dalla squadra più fenomenale dei fenomeni, forse qualcosa di buono, dal fondo del barile, si può ancora tirare fuori. L’importante poi, nel caso, è che si festeggi ma senza trascinarsi questa agonia una stagione ancora. Si lotti per vincere e poi ci si saluti.

FORZA MILAN

Johnson

P.S. Conte non avrebbe chiuso la porta ad una prima proposta, attendiamo

"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.