Milan, Elliott e il mal da financial fair play

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L’esaltazione del momento credo sia uno dei mali del calcio moderno, in cui tutto viene consumato in un istante, fagocitato dalla necessità di rincorrere lo straordinario a scapito della normalità, del prevedibile e previsto. Così in un pomeriggio che non prometteva nulla di buono il pareggio contro la quarta miglior difesa del campionato (vanta anche meno sconfitte di noi e un miglior attacco) viene vissuto come una dramma.
Poco importa che 5 giorni prima si siano giocati 120 minuti, che le vittorie contro udinese e brescia siano arrivate nel finale (poteva accadere anche domenica), che tra squalificati, infortunati e malati mancassero due elementi cardine oltre alle riserve, bisognava vincere perché siamo a San Siro e siamo il Milan. Piacerebbe anche a me, ma non credo funzioni così.
Non siamo una squadra da filotti, siamo una squadra che, come vado ripetendo da inizio anno, avrà alti e bassi perché troppo giovane e senza una guida carismatica dal palmares luccicante. Bastano due assenze a centrocampo per mutare radicalmente le nostre ambizioni già non elevatissime, figurarsi quando si affronta una squadra solida come quella veronese. Non è questione di tifare o non tifare, sperare o non sperare, il punto è che la norma prima o poi prende il sopravvento sulla straordinarietà, come è giusto che sia.
Anche contro l’hellas abbiamo tirato qualcosa come 25 volte centrando la porta solo nel 20% dei casi e realizzando un misero gol; la nostra normalità è tirare tanto e segnare poco e fin quando non cambierà, grazie all’avvento di giocatori forti e dotati di gol nei piedi, ci sarà poco da sbraitare.

Il dibattito più interessante tra i tifosi riguarda il mancato arrivo di un buon centrocampista e di una riserva in attacco durante questa sessione invernale. La risposta di molti è che si stia ripulendo il bilancio per la UEFA, sinceramente la mia risposta è un laconico “bah”.
Sulla scorta di quanto pubblicato dai giornali, ipotizzando per saelemaekers uno stipendio annuale pari a quello di krunic e nessuna commissione per l’arrivo di Ibrahimovic, tutto questo valzer di giocatori ad oggi produrrebbe un risparmio tra ingaggi e ammortamenti ampiamente sotto i 10 mln di euro. Traduzione: noccioline.
Quel che viene visto come la panacea del mal da ffp, ossia la riduzione dei costi relativi ai calciatori, è valida sino a un certo punto perché per essere competitivi sportivamente dovranno obbligatoriamente lievitare nel giro di poche sessioni grazie all’acquisto di calciatori forti. La vera voce che rappresenta la panacea per il mal da ffp è il fatturato perché tutte le altre sono quisquilie, complementari o addirittura specchietti per allodole.
Sono sincero, non mi aspettavo un mercato diverso perché Elliott di soldi ne perde già abbastanza e le mancate plusvalenze “made in italy” (riserve o giovani ceduti a cifre alte) così come il mancato arrivo di sponsor “amici” mi danno un’idea ben precisa della loro politica e del nostro futuro finché saranno i proprietari: nessun ritorno al vertice. L’unica risalita possibile passa dall’impennata del fatturato data da queste due voci, veri pilastri del “mecenatismo 2.0” nonché l’unico boost in grado di rimettere in moto gli ingranaggi, perché altre vie non esistono.
Quindi perché non si è preso almeno un buon centrocampista? Probabilmente la stagione è data per morta o forse un buon piazzamento costringerebbe a chiedere nuovamente l’esclusione dalle coppe dopo aver spergiurato di disputarle già nell’anno passato. Ridurre la rosa al “numericamente competitivi” significa vivere alla giornata come in epoca condoriana e chissà che questo purgatorio non termini con la terza stagione di The Clouseausing.
Inutile illuderci anche qui, l’esaltazione del momento positivo (arrivo Higuain) o negativo (mercato al risparmio) ci distoglie dalla normalità elliottiana, quella da analizzare per comprendere in maniera più nitida il nostro presente e futuro. Ciò che dovremmo osservare è la ratio del mercato, le modalità con cui è stato messo in pratica. Ebbene un’analisi fredda sembrerebbe far ricondurre il tutto all’espressione “non impegnarsi” perché nessuno degli arrivi è a titolo definitivo, nessuno ha impegni obbligatori oltre giugno 2020 e prendendo a riferimento quanto detto dai media l’esborso economico verso le società di appartenenza è minimo se non zero.

A proposito di mercato una menzione la merita l’ex di turno. Ho trovato fuoriluogo le dichiarazioni post cessione di Borini, un giocatore che già in estate era ampiamente a margine del progetto e se solo avesse voluto andarsene avrebbe potuto farlo già da tempo, dovendo però rinunciare a qualche soldino. Ovviamente non è avvenuto e nessuno può fargliene una colpa, ma leggere le parole “sfruttato” e “operaio” legate alla sua esperienza con i nostri colori mi fa inviperire.
Stiamo parlando di uno dei calciatori più pagati in rosa arrivato da un Sunderland retrocesso anche grazie alle sue prestazioni da fine bomber (2 gol in 24 presenze), un giocatore che dovrebbe benedire il solo fatto di aver indossato quella maglietta a strisce rossonere anche una sola volta nella vita. Invece no, parlare dopo è sempre facile, ringraziare e basta per l’opportunità avuta (sì perché è un’opportunità) nonostante non fosse un fenomeno un po’ meno, appuntarsi sul petto “io muoio ogni volta in campo” a mio parere è l’emblema del qualunquismo perché non è un eroe, nemmeno un eroe del mondo pallonaro.
Così accade che chi avrebbe dovuto accendere un cero solo per aver calcato i campi di Milanello viene salutato dall’applauso dei suoi ex tifosi al suo ritorno a San Siro, ma si presenta in campo come colui a cui hanno fatto il torto della vita. Succede così di vederlo protestare per ogni cosa, comportarsi come il tipico giocatore che vorresti vedere sotto la doccia dopo dieci minuti perché il suo modo di porsi è odioso tanto da riuscire a prendersi un cartellino giallo in soli 20 minuti. Avrebbe voluto dimostrarci in maniera un po’ arrogante di essere in errore, ma ha dimostrato di essere semplicemente Borini e nella peggiore versione.
Questo schema abbastanza ripetitivo in cui chi se ne va ha sempre da ridire, mi fa comprendere come il mondo Milan sia visto come una sorta di onlus, ma grazie al cielo almeno in questo qualcosa sta cambiando. Adios.

Seal

E ora il sondaggione!


Ricordo Baresi entrare in scivolata e poi l'ovazione del pubblico, da quel momento ho capito che fare il difensore era la cosa più bella del mondo. Ancora mi esalto quando vedo il mio idolo Alessandro Nesta incenerire Ferrara sulla linea di porta mentre credeva di essere a un passo dalla gloria. Se la parola arte fosse compresa appieno le scivolate del n.13 sarebbero ammirate in loop al MoMA di New York.