Mentalità vincente

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“Avere una mentalità vincente significa non essere contenti di arrivare solo in finale o di aver alzato un trofeo” (R. Federer)

Per tanto tempo abbiamo scritto e parlato di progetti, di Sostenibilità, ma ci siamo dimenticati della mentalità vincente, che questa squadra sta dimostrando di far fatica ad acquisire.
La mentalità vincente è quell’atteggiamento mentale, quel modo di sentire che ti permette di ottenere dei risultati, e io aggiungerei anche quel modo di pensare che ti fa andare avanti e non essere mai contenti di quello appena raggiunto ma di essere sempre sul pezzo.
Questo accade nella vita ma anche nello sport, e ci sono tantissimi esempi sportivi, nel tennis moderno possiamo citare Federer, Nadal, Djokovic, nel ciclismo Eddy Merckx, Bernard Hinault, nel calcio Paolo Maldini, Franco Baresi, insomma tutti personaggi che appena ottenuto un successo con la loro mente erano già proiettati sul prossimo obiettivo, senza distrazioni, con enormi sacrifici e con tantissima umiltà.
Riuscire a sviluppare questa attitudine aiuta a pensare positivo, a perseguire con forza e tenacia i propri obiettivi e non abbattersi alle prime difficoltà.  Coltivare questa mentalità vincente non è sempre facile ma per riuscire a farlo serve dedizione, impegno e sacrificio. Caratteristiche che nei personaggi elencati prima non sono mai mancate nemmeno per un istante.

“Penso che abbiamo sbagliato atteggiamento. La Fiorentina ha giocato molto bene, hanno meritato la vittoria, Dobbiamo fare molto di più, scendiamo in campo di nuovo tra qualche giorno e non si può giocare così” (I. Bennacer)

Io che sono un semplice tifoso innamorato del Milan, ascoltando il buon Isma dopo la sconfitta di Firenze, capisco che su questo punto il gruppo deve crescere molto, o meglio i troppi alti e bassi sono dovuti all’incostanza di avere questa mentalità. Per un certo periodo Ibrahimovic con il suo atteggiamento è riuscito a sopperire a questa lacuna ma mancando lui nessuno ha la forza per fare questo, e soprattutto non c’è nessuno che abbia preso il suo testimone. La persona più adatta potrebbe essere Maldini. Una volta quando giocava era più semplice dimostrarlo e farlo capire attraverso l’esempio, il primo ad arrivare all’allenamento e l’ultimo ad andare via. A tirare il gruppo in allenamento, a rimproverare sul campo, dall’esterno è più complicato perché insegnare questo grande valore ai giovani, distratti da mille cose e spesso mal consigliati da chi dovrebbe fare il loro bene, è diventato difficile.
Sabato sera a Firenze, a mio avviso, bisognava entrare in campo bruciando l’erba, bisognava mettere più corsa, invece siamo scesi in campo svogliati con la giustificazione che stavamo pensando al ritorno di Champions. Che poi effettivamente mercoledì sera hanno fatto una bellissima partita, giocata con concentrazione e abnegazione giocando ad un livello superiore, e io sono contento di questo perché ho esultato come ad un gol alla parata di Maignan dell’ultimo minuto. Però a me non sta bene, che nel giro di quattro giorni ci sia una differenza di livello qualitativo così diverso. E fare All in sulla Champions è pericoloso perché è vero che fai un quarto di finale di Champions League ma se la prossima stagione giochi in Europa League perché in campionato continui a perdere punti e la classifica è corta cosa facciamo? Ecco questo è il mio terrore. Mi dispiace ma a questa società e a questo gruppo di ragazzi manca troppo spesso la mentalità vincente ed è un aspetto su cui lavorare, e non la si ottiene scrivendo nei social “Domani sera dobbiamo lottare come dei leoni”, “domani sera dobbiamo solo vincere”. Ma lo si fa per davvero. Questo è un grande segno d’immaturità.
La scorsa stagione è stata costruita una vittoria al quanto incredibile quanto inaspettata e poteva essere un grandissimo punto di partenza. Io ci ho creduto in questo, forse anche Maldini, ma la società molto probabilmente no, o meglio vincere non è il loro obiettivo primario. In questo Berlusconi quasi 40 anni fa era molto più avanti delle generazioni di dirigenti e calciatori di adesso.

“All’inizio ci sembrò proprio pazzo, un po’ fuori di testa: l’elicottero, la cavalcata delle Valchirie, le divise bellissime, le scarpe tutte uguali. Non erano cose abituali all’epoca. Queste variabili ci stupivano. La sicurezza che in pochi anni saremmo arrivati sul tetto del mondo non era facile da metabolizzare. Sembrava un obiettivo complicato. Poi abbiamo capito che faceva sul serio quando ha cominciato a comprare calciatori forti, in particolare Gullit che all’epoca era uno dei campioni più cari al mondo”. Cosa lo ha reso vincente? Vedeva il bicchiere sempre mezzo pieno. Guardava l’aspetto positivo delle cose elencandoci i numeri delle nostre prestazioni. Berlusconi vedeva in quelle cifre una molla da usare per eliminare i nostri timori. Non poteva dire a Maldini, Baresi o Filippo Galli come muoversi in campo. Allora usava numeri e dati individuali per aumentare la nostra fiducia. Era importante in una squadra formata da gran parte da giovani emergenti. Questo atteggiamento ha accompagnato la crescita della squadra di Sacchi” (A. Costacurta)

Posso capire che a molti il buon Billy sia inviso, ma per me, che non seguo salotti, divani e poltrone, resta sempre il terzo all time per presenze in rossonero e uno che ha fatto parte dei tre cicli vincenti dell’epopea berlusconiana. E con questa dichiarazione ha fotografato bene cosa intendevo per costruire la mentalità.
Chiaramente ai tempi nostri non è più fattibile operare come fece il cavaliere negli anni ottanta, ma la mentalità la devi costruire con una programmazione ferrea e con obiettivi ben precisi. Cosa che io non vedo ne in campo ne dietro la scrivania. Attualmente abbiamo una dirigenza che pensa solo allo stadio, in teoria, e una parte tecnica completamente in confusione e che non riesce a trasmettere questo sentimento, anche per ristrettezza della rosa.

“La mente è la vera forza di ogni giocatore. Se sei forte mentalmente puoi sopperire anche a carenze tecniche e fisiche. Grazie alla mente si tiene botta sotto pressione, quando si viene criticati e fischiati. E quando si vince, la mente è quella che non ti fa fare il fenomeno ma ti fa essere equilibrato” (A. Nesta)

Perle di saggezza di Sandro Nesta, non mie, ma che rileggendo queste sue dichiarazioni mi hanno fatto riflettere su quanti giocatori rossoneri hanno questa caratteristica, questa forza mentale. Leao? Bennacer? Tomori? Saelamakers? Theo? Io questa caratteristica o meglio questa fame attualmente non la vedo in nessuno dei nostri ragazzi e se si vuole aprire un ciclo vincente questo sentimento di continuare a vincere o provare ad essere competitivi devi averla e ricercarla continuamente. Può essere che mi sbagli io. Ma se si voleva aprire un ciclo vincente la mentalità vincente deve essere sempre presente, è più importante di tanti budget milionari. Sono due ingredienti semplici che rendono vincenti: programmazione e mentalità, cosa che nel nostro Milan attuale non vedo.

“Quando sono arrivato al Milan abbiamo fatto la tournée negli USA. La prima partita era contro il Manchester United: c’erano in campo Giggs, Scholes, Ronaldo, Van Nistelrooy… Giocavamo a mezzogiorno, faceva caldo. E’ finita 0-0 ma poi abbiamo vinto ai rigori”. E’ qui che interviene Galliani a dir poco furioso: “Ma come vi permettete? Ma che figura fate! Noi siamo il Milan, dovevamo vincere”. Poi abbiamo vinto 3-2 contro il Chelsea di Mourinho, dopo ancora la Supercoppa contro la Lazio a San Siro con la tripletta di Shevchenko. Dopo 15 giorni mi sono ritrovato con Gattuso e Maldini e ho chiesto: “C’è un premio per aver vinto la Coppa?”. Mi hanno risposto: “Ma quale premio? E’ il minimo!”. Altri tempi, altra mentalità. (H. Crespo)

E se lo ha capito Hernan in un solo anno dove la sta la differenza.

Purtroppo mercoledì scorso è venuto a mancare Italo Galbiati, figura storica del Milan. Spesso ha lavorato nell’ombra ma a lui vanno grandi meriti, ha scoperto e migliorato una infinita di giocatori che poi hanno fatto la storia del Milan: Baresi, Evani, Filippo Galli, Massaro, Donadoni, Shevchenko solo per fare alcuni esempi. E poi è stato artefice importante dei cicli vincenti di Sacchi e Capello. Ma il più grande pregio è stato quello di essere sempre disponibile nei momenti di difficoltà rossonera, c’era lui seduto nella panchina del Milan in quell’infausto pomeriggio di Cesena nel maggio 1982 che sanciva la seconda retrocessione in serie B. Sempre a lui è stato chiesto di portare a termine la stagione 83/84 dopo l’esonero di Castagner. Italo c’è sempre stato. Buon Viaggio Italo.

W Milan

Harlock

"Quando il Milan ti entra nelle vene avrai sempre sangue rossonero" Ho visto la serie B, ho visto Milan Cavese, ho toccato il tetto del Mondo con un dito e sono ricaduto ma sempre rialzato. Ho un papà Casciavit....Grazie per avermi fatto milanista.