Scorrettezze

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Non so se avete notato, ma negli ultimi 15 anni, con impennata negli ultimi 5, gli investitori americani hanno acquisito a maggioranza piena i seguenti club: Arsenal, Aston Villa, Atalanta, Bologna, Bournemouth, Burnley, Chelsea, Crystal Palace, Fiorentina, Le Havre, Leeds, Mallorca, Manchester United, Olympique Lione, Olympique Marsiglia, Parma, Roma, Saragozza, SPAL, Standard Liegi, Tolosa, Venezia. E Milan.
Parliamo di maggioranza, perché se dobbiamo invece considerare anche le partecipazioni l’elenco triplica.
Gli USA, con vari livelli di organizzazione, stanno invadendo l’Europa. Non ci piace? E’ così.
Come sottolineato anche da Ale Johnson non sono qui a trastullarsi, ma a fare business a 360°. Il che non significa automaticamente che faranno anche i nostri interessi di tifosi, ma nemmeno il contrario; sicuramente vuol dire rischio, vuol dire cambiamento. Ma se pensiamo di avere a che fare con dei coglionazzi è possibile che ci sbagliamo. E’ anzi possibile che su quello che sta diventando il loro terreno, il loro gioco, lo saremo noi.
Fatico a comprendere il nostro senso di presunta superiorità, soprattutto culturale. In particolare nel calcio europeo se non ci sono i soldi USA ci sono quelli di altre latitudini che associamo ai piatti di riso o alle grida belluine, comunque subculture sportive, che dileggiamo. Eppure il circo va avanti solo grazie a questi capitali, dato che al netto dei magheggi contabili delle grandi proprietà “”””””italiane”””””” altri investimenti non se ne notano.
Il calcio è nostro, gli americani non capiscono nulla di calcio”. Vero, in teoria. Peccato però che non ci sia stato nessun imprenditore italiano disposto a rilevare, che so, il Milan di Berlusconi che proprio in questi giorni è stato celebrato giustamente come eccellenza. Anzi scusate se turbo la vostra commozione, sperando di non essere tacciato di mancanza di rispetto scrivendo la verità…ma l’ Angolritmo del Moncanerd (grandi Gian e Lupin) ci tocca soprattutto grazie a Silvio, che ha lanciato il Milan in una dimensione Mondiale e forse anche oltre…per poi lasciarlo alla deriva. E piuttosto che vendere direttamente ad un altro Patron ha preferito il “clouseausing” con un ‘chinese gentleman’ (cit. Furlani), un passaggio che purtroppo ha aperto le porte del nostro feudo a Pinchi e Pallini di ogni sorta.
Quindi, anche se non per colpa nostra, non siamo molto nella posizione di poter rompere le balle o disquisire non solo sulla nazionalità ma pure sul modello di gestione che i proprietari decidono di adottare, senza sembrare dei bimbi viziati e capricciosi.
Possiamo e dobbiamo attaccare, contestare e criticarne i risultati; sulla mentalità e i metodi personalmente non condivido tutte queste resistenze.

Arriviamo all’elefante nella stanza: Paolo Maldini. Il suo licenziamento è stato preoccupante, ma ovvio, e non cambia molto nelle prospettive. Mi spiego.
Non occorrono premesse su Paolo, è stato un idolo. Ho sperato negli anni del Giannino che arrivasse come dirigente, è arrivato. Non ho mai nascosto che mi sarei aspettato altro. Fondamentalmente Paolo è stato il trait d’union fra ieri e oggi, il problema è che il “ieri” non comprendeva solo la mentalità della Dinastia Maldini e il carisma personale unico, ma anche una quota parte del desueto metodo operativo “Fininvest”. Maldini dirigente è un accentratore intuitivo, generatore di estremi: Giampaolo e lo Scudetto, Leao e De Katelaere.
Inutile andare a scannerizzare meriti ed errori, penso siano davanti agli occhi di tutti, come anche i risultati raggiunti che sono molto positivi; il commento, forse unico, fatto dalla società è stato: ha fatto bene, ma vogliamo fare anche meglio. Loro hanno sparato questa cazzata, pertanto io mi metto qui e aspetto.
Penso sia difficile far meglio nelle condizioni che si prospettano, ed anche se credo che Maldini appunto nelle condizioni che si prospettano, non in senso generale, non avrebbe fatto che disastri come e peggio di quelli dell’ultimo mercato, non sono certo disposto a dare credito a Moncada o Pioli, che fra l’altro come ben sapete ritengo ampiamente a fine ciclo.
L’adorazione che c’è nei confronti di Paolo e ciò che rappresenta ha spaccato in due l’ambiente, ma
Maldini nel 2020, dopo il licenziamento di Boban, ha operato una scelta: lavorare nelle condizioni imposte da Elliot, attraverso Gazidis. Maldigerendo queste condizioni e spesso esprimendosi contrariamente ha guadagnato uno status di “oppositore del regime” che ho sempre trovato ridicolo, poiché il lavoro svolto è stato pienamente in linea con le richieste.
Come sottolineato da Gazidis dopo essere stato criticato da Maldini post-Scudetto: Paolo è stato (da lui) assunto tre volte; che è un modo brillante di dire che almeno due volte era stato congedato. Spiace, ma il dirigente non si sostituisce alla proprietà ed il fatto che Paolo abbia più volte espresso un’opinione contraria, è stato virtuoso ma inutile. Operativamente Maldini è rimasto nei binari imposti, ha vinto insieme a squadra e allenatore uno Scudetto meraviglioso, ha scritto nuovamente belle pagine.
A proposito: Gazidis, sbeffeggiato all’arrivo e nemmeno salutato alla partenza, è riuscito a raddrizzare il baraccone Milan senza perdere l’occasione di vincere, permettendosi anche Maldini nei quadri operativi (quindi non a mò di marionetta): ma su di lui non vola una mosca. Non dico stracciarci le vesti, ma almeno ammettiamo che forse non è Paolo ad aver retto il Mondo Milan da solo per 4 anni, e non è Paolo l’unico nell’Universo con una visione vincente.
Qui sta la mia reale preoccupazione: all’implacabile equilibrio gestionale di un manager con competenze nello sport, è subentrata una apparente arroganza metodica di persone troppo legate al mondo finanziario. La rimozione di Maldini e Massara, pur indelicata e priva di uno stile quantomeno cordiale, era ovvia; ma la sostituzione è spericolata! Come dice Seal, il sentore non è quello della scelta di campo ma del giochino di potere; cioè l’autonomia chiesta da Maldini (per me assolutamente non lecita) e rigettata, è poi comunque finita ad altri.
A livello di Mondo Milan ritengo la scomparsa di Maldini più o meno come lo spegnimento della lucetta della buonanotte: stesso identico ambiente di prima, ma i bimbi si sentono meno sicuri. All’esterno tuttavia sarà ben più complessa la faccenda. Più che calpestare la Storia del Milan si è ignorato quella recente. Di solito queste scelte azzardate, e rischiose, sono atte all’ottenimento di grandi dividendi; ma in questo caso mi sfugge davvero quali siano.

Le interviste a Cardinale, rese assieme ad altri uomini d’affari del mondo sportivo (es. Pagliuca dell’Atalanta) e non con una webcam con vista credenza, mi paiono abbastanza chiare. Cardinale non parla la nostra lingua, né gli interessa farlo. Ha degli scopi che, di massima, sono quelli della quasi totalità delle proprietà che sono entrate o stanno entrando nel mondo del calcio. Ha puntato più alto di tutti (Milan) e ritiene di avere una “formula magica” con cui ottenerli, e di poter fare a meno dell’affetto del popolo rossonero, dei media e del mondo del calcio in generale. Non gliene frega niente di comunicare con noi.
Io credo che questi metodi siano per noi difficilmente comprensibili, e pericolosi.
Possiamo quindi secondo me, per elevarci un pelo, fare 2 cose: boicottare l’AC Milan non andando allo stadio e non usufruendo del merchandising, nella speranza che succeda qualcosa e -SPOILER ALERT- non succederà un cazzo. Oppure cercare di capire, il che richiede un enorme sforzo. Soprattutto di umiltà.
Che non vuol dire prostrarsi di fronte allo Yankee, ma accettarne la presenza e il fatto che il nostro futuro dipenda da Redbird.
Infatti ridurre tutto all’idolatria di Maldini, allo stracciamento delle vesti, al faziosismo con contorno di aspettative preistoriche, chiudendosi a ricco, è penso il miglior modo per lasciare campo libero alla subcultura made in USA, che volenti o nolenti ha già attaccato il nostro modo di intendere lo sport e lo sta cambiando, e lo cambierà.
Tutto sta a capire non se si fermeranno o falliranno, perché non accadrà, ma anzitutto se fra tutti gli americani sbarcati nel calcio ci è toccato il più furbo o il più scarso (spazio per la via di mezzo, visti i metodi, non penso ci sia). E poi se tutti i Valori che diciamo di possedere e la Tradizione che esibiamo saranno in grado di resistere, in qualche forma, e magari contro-contaminare gli invasori.
Sui risultati, invece, al momento non mi preoccuperei più di tanto. La mancanza di costanza nei successi è il nostro male e la cura sarebbero le coppe. Piccole, medie, grandi. Con le orecchie, senza orecchie. Ma è un trend ventennale: il Milan non vince due trofei in fila da 12 anni, due trofei nella stessa stagione da 16 anni e due campionati in fila da 29 anni; in Europa manca un alloro da 15 anni, la Coppa Italia manca addirittura da 21 anni.
Che questa aridità finisca attribuita, senza nemmeno sapere bene chi sono, a Redbird o che addirittura a questi si chieda di invertire con mosse di mercato spericolate una tendenza più che generazionale penso sia scorretto da tutti i punti di vista.
Contestiamo a Cardinale di non parlare la nostra lingua, ma quello che diciamo noi spesso non ha alcun senso.

Larry

22/11/1997, primo blu. Un ragazzino guarda per la prima volta l’erba verde di San Siro da vicino.Il padre gli passa un grosso rettangolo di plastica rosso. “Tienilo in alto, e copri bene la testa. Che fra un po’ piove”. Lapilli dal piano di sopra, quello dei Leoni. Fumo denso, striscioni grandi come case e l’urlo rabbioso: MILAN MILAN…Quel ragazzino scelse: rossonero per sempre. Vorrei che non fosse cambiato nulla, invece è cambiato quasi tutto. Non posso pretendere che non mi faccia male. O che non ci siano colpevoli. Ma la mia passione, e quella di tanti altri, deve provare a restare sempre viva.