Elliott & RedBird, vi critichiamo perchè vi conosciamo

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È molto bello leggere e vedere da più parti il tentativo di raccontare e appoggiare le mosse della Curva Sud, ma senza prendere una posizione netta. Classica situazione nella quale, una parte della fanfara, quella che non ha ancora deciso cosa fare da grande e che non ha famiglia da sfamare, vorrebbe prendere posizione, ma i click sono fonte di guadagno e quindi meglio tenere una posizione neutrale e partecipare alle call su Twitch con la società di milanisti a corrente alternata, raccontando delle proteste ma senza farne parte attivamente. Noi, in realtà, le proteste le portiamo avanti senza fare prigionieri perchè non abbiamo bisogno di milanisti di titanio in redazione per dimostrare il nostro Milanismo, noi il Milan lo difendiamo veramente e spendiamo anche un sacco di soldi per tifare i nostri colori. Molti non capiscono il perchè di questa mia posizione forte contro la proprietà, altri non capiscono il perchè di una Curva vuota a dieci minuti dalla fine di una, ennesima, lenta agonia calcistica. Molti tifosi seguono le storie della fanfara, le storie del muezzin e via così madama la marchesa. Tanto è una questione di percepito. Prendiamoci anche questo, dopo non evoluti, cagacazzi e tifosotti da tastiera, portiamo a casa anche l’essere uomini di percezione e non di realtà.

Purtroppo la storia è davanti agli occhi di tutti, la si può massaggiare come si vuole, ma oggi è facile criticare questa proprietà perchè sappiamo quale è il loro programma. Conosciamo troppo bene le tecniche messe in atto e le conseguenti scelte. Sappiamo come si muovono e dove vanno a parare. Non si tratta di percepito ma si tratta di toccare e vedere i fatti, sono sempre gli stessi. Di fronte ad un bivio, la scelta è sempre la stessa. C’è un unico filo che lega tutte le scelte di Elliott (e ora anche RedBird), ovvero la mediocrità sportiva e la paura atavica di portarsi in casa gente che ne sappia, di calcio, più di loro (e su questo ci vuole ben poco). Non ci credete? Basta studiare la storia recente di questo milanisti della tavola periodica degli elementi. In questo caso specifico, non si deve nemmeno andare indietro di troppi anni. Nel 2018, nel bel mezzo della transazione cinesi- Elliott c’era la possibilità, nel mese di dicembre, di puntare a prendere un amministratore delegato che conosce il calcio italiano, ammanicato, furbo e sveglio. Uno che avrebbe avuto un obiettivo ben preciso in testa, ovvero primeggiare sportivamente e politicamente, o quanto meno mettere la propria bandierina dove serve. Avrebbe garantito un peso politico e sportivo importante, e, parere mio, avrebbe garantito anche risultati sportivi che avrebbero poi sostenuto la parte economica. Invece la scelta è andata su AAAivan Gazidis, un fine contabile, con un passato all’Arsenal tutt’altro che vincente, più conosciuto per le sue abilità con i bilanci e i tagli dei costi, che altro. Primo passo chiaro di Elliott, la priorità e mantenere la società a galla economicamente, lo scudetto del bilancio prima di tutto. Nel frattempo, lo stesso AD che noi non prendiamo minimamente in considerazione, si accasa dai cugini e mette le prime pietre, non per lo stadio, ma per costruire la futura Jnter. Passano pochi mesi e davanti a questi fini conoscitori di calcio, si presenta un tema allenatore, una noia da gestire tra un conto economico da redigere e un appuntamento a Wall Street. Ovviamente, anche qui l’ambizione è ridotta all’osso. Estate 2019, tra le mille scelte possibili, arriva il Giammaestro, uno che fino ad allora aveva collezionato più esoneri che vittorie in Serie A. Uno che non sapeva nemmeno dove stava capitando e proprio mentre, una parte di tifo sottolineava come sarebbe andata a finire, la fanfara ne tesseva le lodi azzardando paragoni difficilmente presentabili se non sotto l’effetto di inalazioni di crack e titanio. Ma siccome i nodi vengono sempre al pettine, come la cacca nella neve, il prode Giampaolo manco arriva a novembre, quando un Boban esasperato decide di cacciarlo su Urano. Anche qui un bivio, molto importante. C’era disponibile Spalletti, sotto contratto con l’Jnter ma che se ne stava tranquillo a casa a curare le oche. Una società con ambizione e mire, avrebbe fatto di tutto per prenderlo. Compreso sedersi al tavolo con quell’AD che avevi snobbato, per parlare di buona uscita e di transazioni economiche. Ma invece, quando si parla di soldi senza un ritorno economico assicurato, Elliott inizia a balbettare e inizia a dare segnali di cedimento fisico. Quindi si va sulla scelta economicamente e politicamente più facile. Si va a pescare uno che come massima esperienza di vita aveva allenato la Fiorentina e passava da un esonero all’altro tra Chievo, Palermo e Bologna. Profilo alla Lopetegui, per intenderci. Con anche l’aggravante di essere interista marcio. Anche qui i risultati parlavano chiaro ma la Pandemia e Ibra gli danno una mano a capire come gira il fumo al Milan.

Quando si stava per assestare il suo moderno calcio europeo con un 5-0-5 con Kessie che copriva 150km a partita, arriva la scelta del (quasi) esonero. Ma per chi? Per un altro sciroccato dal curriculum rivedibile. Questa volta però Maldini e Massara, riescono a tenere duro e la politica Elliott non passa. Anche perchè, con il senno di poi, Ragnick sarebbe stato lo spermatozoo del GLI di oggi. Con un allenatore/coach coadiuvato da un team di lavoro. Si tira avanti, sempre stando attenti a non fare il passo più grande della gamba. Su questa scelta di non esagere economicamente, in quel periodo storico, io non ho nulla da obiettare. Potevamo “partecipare” e partecipavamo. Ibra, Maldini e la sorte ci apparecchiano una delle gioie sportive più bella della storia. Da “partecipanti”, diventiamo protagonisti. Però, questa è una variabile che non è prevista dagli algoritmi, nè da Stadioni & C, la vittoria di un titolo. Arriva, così, lo scudetto del 2022 che sembra il punto di partenza per la nuova era rossonera ma si dovrebbe essere tifosi (non di titanio) o ambiziosi per dare linfa a quella vittoria. Si deve sostituire Kessie e non lo si sostituisce. Arriva Gerry. Si mantiene il monte ingaggi in linea con il salary cap e la storia arriva ai giorni nostri. Filotti di risultati positivi, con rinnovo al PepdiParma e filotti negativi. Gioco senza senso, risultati sconcertanti contro squadre normali, derby persi in sequenza. Fanfara che difende a spada tratta l’allenatore e gli scettici che invece iniziano a chiedere spiegazioni.

E siamo ad oggi. Attualità. L’allenatore per la stagione 2024/25 era già stato scelto ed era Stefano Pioli, forte di un contratto in scadenza proprio a giugno del 2025, era la soluzione più ideale per le tasche rossonere e per partecipare all’ambitissima corsa alla qualificazione Champions. Uno che si sarebbe fatto andare bene (e si sta facendo andare bene) tutto. Gli hanno tolto la canzoncina, lo hanno deligittimato in tutti i modi, ha condiviso il centrocampo dei mezzali rivendibili ma lui sta sempre lì. Questo è lo scenario. Per Elliott/RedBird non c’era un problema allenatore, c’era solo un problema infortuni e c’erano i filotti di 7 vittorie consecutive da portare agli occhi dei tifosotti da tastiera. Poi succede l’imponderabile, arrivi carico a molla e convinto che il peggio sia passato e perdi con la Roma in casa in Europa League. Il magnifico piano salta. La squadra implode, l’allenatore implode, la tifoseria implode, la società finge di rimanere tranquilla ma non ha un piano B. Come sempre, quando le cose inziano ad andare in discesa per il verso sbagliato non le fermi più e infatti arrivano 6 partite senza vittoria. Scudetto gentilmente regalato all Jnter ed eliminazione dalla Europa League. In questo scenario, quale è stata la mossa di Elliott? Con a disposizione Conte, Klopp, Spalletti e Sarri, giusto per citarne alcuni. Spalletti lo metto perchè, quando e se hai ambizione, un pensiero lo fai anche su di lui nonostante la Nazionale.  Andare sul solito nome “esotico”. Uno dal curriculum pessimo, con poca pretesa che al Milan verrebbe a piedi e che garantisca il totale consenso al player trading e non abbia la minima ambizione sportiva. Solita scelta, solita storia. Con l’aggravante, questa volta, di far passare alla fanfara le notizie in modo da rendere ancora più nebolosa la situazione.

Non c’è soluzione più ambiziosa

Quello che non capiscono i tifosi che a San Siro esultavano per il 3-2 di Giroud e che rimanevano scioccati dalla presa di posizione della Curva, è che questo atteggiamento fa solo male al Milan. Non possiamo accettare che ci appiattiscano l’ambizione. Non tifiamo la Giana, con tutto il rispetto, siamo e facciamo parte della storia del calcio mondiale, dobbiamo ambire a vincere. Sempre. Milano non si accontenta. A chi cavalca queste frasi per darci dei pazzi che vogliamo mandare in rosso i conti del club, rispondo in maniera molto semplice. Nessuno, nessuno, nessuno sta chiedendo Haaland, Mbappe o Kross (ammesso che qualcuno in società li conosca), tutti coloro che stanno protestando chiedono semplicemente di fare le cose semplici, senza inventare, senza strafare. Vuoi ambire? Prendi Conte, prendi Sarri. Vuoi ambire? Non prendi i Lopetegui. Prendi uno che sa come si fa, uno che sa e può spiegare a questi quattro disperati a Milanello come si vince. Uno che sia un maniaco del lavoro, uno che non dia i giorni liberi ma che obblighi la gente ad allenarsi anche il primo gennaio alle 8 del mattino. Quello che non capiscono in società è che questa volta non te la cavi con un Giampaolo qualunque, perchè l’asticella si è alzata e nomi importanti sul mercato ci sono.

Questa è la vostra storia, non la nostra: Gattuso, Giampaolo, Pioli…

Ma siccome sappiamo che andrete a parare sul profilo più “comodo” possibile, non vi lasceremo un attimo di tregua. La Curva vuota, i social in protesta, la fanfara non basterà a mettere la polvere sotto il tappeto.

O Capitano, o niente. Scegliete voi

FORZA MILAN

Johnson

"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.