Genoa-Milan, presentazione

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Una settimana particolare, a dir poco. Prima il rinvio del Derby a causa della morte improvvisa di Davide Astori, poi la sconfitta senza appello contro l’Arsenal. Due colpi (sì, anche il rinvio del Derby, perché la tensione della vigilia rimane in circolo con tutte le sue scorie negative e senza benefici) da cui il Milan dovrà cercare di risollevarsi. Davanti una trasferta dura, contro un avversario in forma, per quanto non trascendentale. La partita di Genova, a prescindere da chi si ha di fronte, per noi è sempre molto delicata, vuoi per l’ambiente, vuoi per lo stadio mai particolarmente accogliente – ed è giusto così -, vuoi per l’agonismo oltre la media italiana delle due genovesi: insomma, non è mai, o quasi, una passeggiata di salute. All’andata quella di Marassi contro la Samp fu poco più di una gitarella svogliata in cui ci vennero rifilati un paio di ceffoni al pesto, speriamo di aver fatto tesoro degli errori del passato.

Come detto, la sconfitta dell’Arsenal ci ha mozzato le gambe, ma a suo modo anche il rinvio del Derby (non che ci sia da recriminare sulla decisione di posticipare la giornata, anzi!): pare una sciocchezza, ma una partita del genere non si gioca e basta. Si prepara per una settimana, si aspetta, si vive. E il coito interrotto del rinvio è pesato (e forse peserà ancora) sulla mente, ma anche sulle gambe dei giocatori. In questa fase in cui il Milan non ha nulla da perdere ma in cui se perde può dire addio a ogni velleità europea, la salute psicofisica è tutto quel che conta. In questo Gattuso deve essere bravo a ritrovare il bandolo della matassa.

Bandolo che il buon Rino non ha saputo trovare contro Wenger, nell’andata degli ottavi di finale di Europa League malamente persa dal Milan, in casa, 2-0 contro l’Arsenal. Nulla di tragico, nessun dramma: davanti a noi una squadra superiore, noi ancora poco abituati a giocare match del genere (di fatto da eliminazione diretta in Champions, non in Europa League). E se l’esperienza manca a Cutrone, Romagnoli, Kessiè e Donnarumma, lo stesso non può che valere per Gattuso, alle prime partite da allenatore in Europa. Con buona pace di chi lo reputa già “fatto e finito” e pronto per prendere in mano la panchina del Milan in pianta stabile dal prossimo anno. Non che non possa avvenire, ed è evidente il buon lavoro fatto da quando è stato chiamato al capezzale della squadra, ma ricordiamo tutti da dove è venuto, ricordiamo le sue esperienze precedenti: Sion, Palermo, Pisa, primavera. È un allenatore in divenire, quindi ancora con molti punti da smussare. Lo sa lui stesso, non vedo perché non lo debbano ammettere i suoi tifosi.

In ultimo, il match di domani. Davanti avremo una squadra che nelle ultime settimane si è ricacciata fuori dalla zona pericolosa della classifica, ma non definitivamente. Il Genoa avrà davanti 4-5 partite, nelle quali, in caso di risultati positivi, potrebbe cementare la propria salvezza. Sarà quindi partita vera, senza esclusione di colpi, e come sempre a Genova, da uomini veri. Il punto forte del Grifo è sulla fascia sinistra, quel Laxalt che già ci punì a Bologna qualche anno fa. Se l’uruguaiano ex Inter è il più in forma, Rosi, esterno destro, è un giocatore tanto esplosivo quando indisciplinato. A mio avviso la partita si giocherà tutta sugli esterni, con Bonaventura e Calhanoglu (o Borini) che dovranno mettere sotto stress il laterale italiano, e con Suso che dovrà far di tutto per allarmare tanto il sudamericano Laxalt da costringerlo a limitare le sue scorribande offensive. Per il resto nel Milan e nel Genoa poche sorprese dal 1′, con gran parte dei titolari confermati, almeno a quanto dicono i ben informati. Molto della nostra stagione (ormai solo italiana) passa dal match di questo pomeriggio. Affrontarlo da uomini e con testa solo sulla partita. Al futuro ci penseremo domani.

Fabio

Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.