Torniamo all’attacco

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Non è un promemoria per noi. Milan Night è sempre stato abituato ad attaccare, a non fare sconti, a infierire il primo colpo, whatever it takes. È una politica rischiosa, certo, non sempre paga, siamo d’accordo, ma è inevitabile dover alzare la voce e attaccare, se si vogliono ottenere risultati. È un reminder piuttosto per il Milan, per una società che nella primissima era berlusconiana era sempre votata all’attacco, perdendo parte di quella indole nell’epopea capelliana e riacquistandola con Ancelotti, con il Cafù-Serginho (non sempre, per carità)-Pirlo-Seedorf-Kakà-Shevchenko-Inzaghi, tutti insieme appassionatamente, e di nuovo perdendola nell’ultimo periodo. Il Milan, oggi, punge poco.

Settimo attacco alla pari con la Sampdoria, un risultato di poco conto. Certo, anche la difesa non brilla (sesta in A), ma i gol subiti sono stato più frutto di un equilibrio che ha stentato a decollare nella prima parte di stagione, per poi trovare la quadra col tempo. L’attacco, dal canto suo, ha sempre stentato. Cutrone l’unico davvero a salvarsi, Calhanoglu in crescendo, Suso e Bonaventura a sprazzi, André Silva e Kalinic di fatto non pervenuti. Perché un risultato tanto misero? La caratura dei calciatori è certo non da sfregarsi le mani, ma nemmeno da mettersele nei capelli. Manca il bomber, d’accordo, ma anche al Napoli. La questione, come spesso accade, è da rintracciarsi nel sistema di gioco, evidentemente troppo penalizzante per il 9 di turno.

Il Milan di Gattuso e Montella è stato una squadra egoista. Suso e Jack, per quanto siano uomini che hanno messo a referto una discreta quantità di assist, ne hanno serviti pochi in proporzione ai palloni giocati. Siamo poi una squadra troppo “larga”, che presidia le fasce, ma ricavandone poco in termini di reti. Siamo una squadra che tenta più la giocata, che il gioco. Il problema è quindi di filosofia, ma per imitare Marzullo la filosofia di gioco influenza i giocatori utilizzati, o i giocatori utilizzati dettano la filosofia di gioco?

foto Getty Images

È un gatto che si morde la coda, che passa dall’assecondare i capricci delle stelline di turno piuttosto che dal metterle al servizio dell’undici. In questo, Suso e Jack dovranno fare un salto di qualità – ed essere disposti a farlo -, o potranno essere rimpiazzati senza eccessivi rimorsi. Si fa un gran parlare di Falcao, ma il grande attaccante – ammesso che il colombiano lo sia ancora – solo fino a un certo punto può far mutare un trend ormai acquisito. Andrà piuttosto ripensato il modulo, ricreare movimenti offensivi produttivi, ritrovare un’identità del gol che è stata lasciata per strada. Solo così il Milan potrà tornare ad essere una squadra davvero temibile.

È vero, in Italia i campionati si vincono con le difese, ma senza i suoi 86 gol la Juventus non sarebbe andata lontana. Lungi da me voler ignorare i problemi della retroguardia, ma Bonucci-Romagnoli (con Musacchio di backup) danno garanzie, Cutrone, Kalinic, Suso, Bonaventura e André Silva meno. È ora di cambiare.

Fabio

Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.