Yankee go home ?

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Mi scrive il nostro amico FOR THOSE. Ha letto il post di domenica e così, in amicizia, visto che ci conosciamo da anni e siamo compagni di stadio, mi manda alcune considerazioni che in qualche modo il post gli ha scatenato. Leggo e mi rendo conto che ha visto quello che forse, in qualche modo, avevo lontanamente intuito, quella piccola ombra che mi perseguitava, mi girava per la cervice ma non riuscivo a definire cosa fosse e perché. Sono considerazioni che vanno oltre la superficialità di chi ha saputo immaginare uno scenario oltre le apparenze ed i peana leccaculisti. Considerazioni, peraltro, contornate da numeri e fatti. Come sempre condivisibili o meno, come sempre commentabili e sviscerabili in ogni senso ma penso valga la pena di leggere queste righe e pensarci un poco su. Le lascio a Voi e grazie ancora al nostro FOR per averle volute condividere con tutti noi.

Recentemente ho letto un post su FB di una delle tante, visitatissime, pagine a tema Milan in cui l’autore/amministratore (non so chi sia, non seguo la pagina e mi sono imbattuto nel post per caso) recitava peana e panegirici sul nuovo innesto nel CDA del Milan, tale Randy Levine. Con le solite espressioni tra il roboante e lo spocchioso diceva che “voi non capite cosa significhi avere il presidente degli New York Yankees nel nostro CDA”.  Yankees che, a detta sua, sono il brand sportivo più forte al mondo; che il suo logo lo si trova stampato su abbigliamento e gadgets acquistati in tutto il mondo anche da chi non segue il baseball; che hanno un giro d’affari di – udite udite – 4,6 miliardi di dollaroni; e infine che dobbiamo inchinarci alla “cultura sportiva americana”.

Partiamo dalla fine. La cosiddetta cultura sportiva americana secondo me, utilizzando un’espressione che appartiene invece alla più modesta cultura popolare italiana, è “una cagata pazzesca”. Io allo stadio ci vado ogni due settimane (ammetto di non essere un grande “trasfertista”) e ci vado a tifare il Milan sperando giochi un bel calcio perché a me piace il calcio e voglio vedere il calcio. Non voglio andare allo stadio alle 10 di mattina a fare grigliate, a girare per 2 ore in un centro commerciale e a sorbirmi un concerto di musicademmerda all’intervallo che dura un’ora per tornare a casa la sera e dove, alla fine, la partita diventa contorno.

E non voglio nemmeno che la mirabolante cultura sportiva americana decida un giorno che Parigi o Londra sono molto più redditizie di Milano per cui prendono il brand (perché per loro è solo un brand, non una squadra di calcio) AC MILAN e lo spostano altrove lasciando me, povero sfigato milanese, a godermi le gesta del Monza in B. Infine – aspetto, almeno questo, che non dovrebbe in teoria toccarci – non sono nemmeno un sostenitore delle leghe chiuse, ad inviti, tipiche della cultura sportiva americana. Se proprio dovessi scopiazzare qualcuno, scopiazzerei la Premier League inglese che, mantenendo il substrato culturale tipicamente europeo (radicamento territoriale, passione, cori, tifoserie organizzate…), è riuscita a costruirci sopra una macchina da soldi.

Passando invece nello specifico, agli Yankees, quelli che dicono essere “i più potenti al mondo” ho fatto una rapida ricerca in rete. La corazzata da 4,6 miliardi che vende cappellini e felpe dal Manzanarre al Reno, vanta l’ultimo titolo nel 2012 e si tratta del titolo della propria Division. Una specie di campionato composto dalla bellezza di 5 (cinque) squadre della costa Est. Quanto al campionato di American League (una delle due leghe che esistono nel baseball nordamericano) l’ultima loro vittoria risale al 2009, anno in cui vinsero anche le World Series, sorta di torneo finale in cui si affrontano le vincenti delle due Leghe di cui sopra.Ora, se l’idea della cultura sportiva americana è che la prospettiva per il Milan è quella di rimanere in pianta stabile tra le prime 4 in Italia e prime 16 in Europa senza vincere mai nulla, mi spiace per il buon Randy ma – come direbbe il milanese imbruttito – NCSP!

Quindi, meno seghe su questi guru americani e più attenzione alla squadra a cui ancora manca un bel po’ per diventare competitiva a certi livelli. Non siamo noi (europei) a dover diventare come loro ma sono loro che, venendo qui, devono capire come funziona il calcio e adeguare le loro legittime e certamente efficaci (perché dovrei dubitarne?) strategie economico finanziarie affinché la squadra giochi per vincere e non solo per vendere cappellini e sponsorizzare film d’azione di quart’ordine. In chiusura un appello al buon Gerry. Lo so che non sei De Laurentiis o i vecchi Berlusconi e Moratti. Lo so che sei solo la faccia di un fondo finanziario ma al momento rappresenti quanto di più vicino al concetto di proprietario. Ogni tanto, almeno per le partite con qualcosa in palio, fatti vedere seduto sulla poltroncina che ti spetta di diritto nella tribuna di San Siro. Farebbe bene a te, alla squadra e anche ai tifosi che magari si illudono che tu sapessi cosa stavi facendo quando decidesti di investire soldi non tuoi sul Milan.

Di mio aggiungo solo che non mi scandalizzo per come viene gestito lo sport negli USA. Per meri motivi di lavoro negli anni ho conosciuto molti “Americans” e posso dire che hanno un concetto di vita, di business, di comportamento, di ideali, e di tutto quello che volete Voi, davvero molto diversi dai nostri. Negli USA la gestione tipo “Yankees” funziona. La gente in generale vede lo sport come spettacolo, sono felici di passare la giornata allo stadio, di farsi la grigliata e lo shopping. Molti (troppi…) amano pure la musicademmerda, per cui ben venga il concertino nell’intervallo. Quello vogliono e quello gli danno, puro business, divertimento e tutti felici e contenti… Da noi , permettetemi, è un po diverso. Quello che ci piace è la pura competizione, il sudarsi una vittoria, vincere perché si è sputato sangue sul campo o anche se si è stati più furbi, speculativi, magari con una botta de culo, possibilmente contro le solite note, che ci fa godere sempre un po di più, etc. etc., e/o lo si è semplicemente meritato sul rettangolo verde. Questo ci piace e questo pure a noi danno ma, parlo a titolo personale, al di la di certe storture che vediamo, sono contento così e non farei mai cambio (e credo nemmeno loro peraltro…). In tutta franchezza, non credo si arriverà a tanto ma… meglio prevedere tutti i possibili scenari anche quelli che potrebbero sembrare impossibili e meglio non illudersi per nulla. Ne ho viste troppe in tanti anni per stupirmi ancora.

Solo che, permettetemi un piccolo moto d’orgoglio; se abbiamo una storia di millenni contro qualche primavera, se amiamo l’amarone invecchiato e quelli si sbronzano di Coca e Burbon, se sappiamo gustare il tartufo bianco e quelli si sfondano di Hamburger e patatine qualche motivo ci sarà no? Alle Nike millecolori ho sempre preferito le “Bellotti”, rigorosamente nere… A voi commenti e considerazioni.

Axel & ForThose

Puoi cambiare tutto nella vita. La fidanzata, la moglie, l'amante, la casa, il lavoro, la macchina, la moto e qualsiasi altra cosa che ti viene in mente. Solo una cosa non potrai mai cambiare. La passione per questi due colori. "il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari". Grazie mamma che mi hai fatto milanista, il resto sono dettagli.