Ritratti – Stefano Borgonovo

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Continuiamo la creazione della categoria “Ritratti” ripubblicando il ricordo di Stefano Borgonovo. Qualche giorno fa, per la precisione il 17 marzo, Stefano avrebbe compiuto il suo cinquantaquattresimo compleanno. Ne ripubblichiamo il ricordo uscito il giorno della sua scomparsa nel 2013.
Buona lettura

Eroe per un giorno – Nella partita di andata il Milan Campione d’Europa ha fatto una fatica notevole vincendo solo 1 a 0 grazie ad un rigore di Van Basten. Due settimane dopo, l’8 aprile 1990, il teatro della partita di ritorno è il vecchio Olympiastadion di Monaco e l’avversario è il Bayern campione di Germania. I tempi regolamentari finiscono 1 a 0 per i tedeschi e si va ai supplementari. Al centesimo minuto, su un campo pesantissimo in una sera umida da fare paura, una palla sporca va verso l’area di rigore del Bayern. Un attaccante del Milan capisce che è quella giusta, le va incontro deciso, si coordina e manda alle spalle di Aumann un pallonetto alto e morbido. Un lampo di classe purissima fatto alla velocità dell’attaccante nato. Le parole non sono scelte a caso, saranno il titolo del libro scritto da quel centravanti venti anni dopo. Con quel gol difficilissimo Stefano Borgonovo porta il Milan alla finale di Vienna che poi vinceremo contro il Benfica. Il resto della sua carriera al Milan non brilla per numeri e prestazioni sfolgoranti ma quella sera il grosso del lavoro lo ha fatto lui, il ragazzo da Giussano, diventando uno dei nostri eroi per un giorno. E maestro per la vita.

Ringraziamo anche questa volta gli amici di magliarossonera.it

I numeri… – Stefano arriva al Milan nella stagione 1989/1990 quando la squadra è già campione d’Italia e d’Europa e si sta lanciando alla conquista del mondo. In attacco quella squadra ha Marco Van Baten, Ruud Gullit e Daniele Massaro, difficile ritagliarsi un posto specie se già ad inizio stagione il ginocchio ti abbandona e ti costringe ad operarti. Stagione, peraltro, cominciata bene con una tripletta in amichevole con il Galatasaray ed un gol all’esordio contro il Cesena. Non è solo il ginocchio a rompersi ma anche il feeling con il Milan. Stefano, reduce da una stagione ottima a Firenze (quattordici gol lui, quindici per il suo fratello di calcio e spirituale Roberto Baggio), non si ambienta e gioca solo 13 partite in rossonero segnando solo due gol. Ritorna a Firenze, dove però non c’è più il “divin codino”, e poi va a Pescara, Udine, Brescia ed ancora Udine per chiudere la carriera a soli trentadue anni. Ci sono anche otto presenze nelle nazionali (Under 21, Under 23 e nazionale maggiore) con un gol ma i numeri sono bassi, non da grande bomber.

… non sono tutto – Ma i numeri non sono tutto. Altrimenti non si spiega perché il giorno della sua morte piangono tutti. I fiorentini piangono un simbolo della loro storia calcistica, i comaschi il ragazzo delle loro giovanili. Con loro piangono i tifosi di Sambenedettese, Brescia, Udinese e Pescara tutte squadre che hanno avuto l’onore di avere avuto Stefano tra le loro fila. I milanisti piangono il loro eroe per un giorno, il centravanti che li ha portati di peso alla finale di Vienna. Non è un mistero, lo abbiamo raccontato parlando di Rijkaard, che quel Milan è completamente scarico; senza Stefano oggi avremmo una Champions in meno. Trentatré anni dopo quella notte da eroe, Stefano ci ha lasciato e tutta l’Italia sportiva ha pianto un eroe della vita. Nell’Italia pallonara dei calcioscommesse, delle calciopoli, delle evasioni fiscali, dei presidenti cialtroni, dei giornalisti servi, delle beghe di cortile, dei crestati, pantagonnati e ipertatuati questo grande uomo, abbandonato da un corpo traditore, si staglia come un gigante.

Attaccante nato – È più difficile fare quel gol così perfetto su quel campo così imperfetto oppure ritrovarsi vittima di quella malattia bastarda e lottare fino all’ultimo giorno? Già, perchè nonostante un morbo che ti toglie progressivamente tutte le capacità di movimento perfino quella di respirare da solo, Stefano ha trovato il modo di scrivere un libro, di andare, immobilizzato su una carrozzina, allo stadio a vedere diverse partite a scopo benefico e di mettere in piedi una fondazione per raccogliere fondi per combattere la SLA. Pensateci tutte le volte che vi viene un raffreddore.
Stefano ha lasciato una moglie e quattro figli, i suoi quattro gol più belli molto più di quella perla che trentatre anni fa lo ha reso eroe milanista anche se solo per un giorno. Ma a noi lascia soprattutto un messaggio di una bellezza sensazionale nella sua drammaticità, un messaggio da vero “casciavit”: NON ARRENDETEVI MAI. Così ha fatto il ragazzo che amava il calcio e la vita, non si è arreso nemmeno in una battaglia che sapeva di perdere. E così ha vinto la guerra diventando, da eroe per un giorno, un eroe per la vita. Stefano quello sapeva fare, attaccare.

Per ricordarlo in uno dei suoi momenti più belli uso le parole del telecronista di quella sera quando quella palla un po’ sbilenca è andata verso Stefano: “E’ posizione regolare, il pallonetto, e c’è il gol, e c’è il gol di Borgonovo, esplode l’entusiasmo del Milan!”

Piccola nota personale – Quando ho scritto questo pezzo mi sono sentito terribilmente inadeguato, non sapevo da dove cominciare e ho deciso di andare sul sito della sua fondazione. In alto campeggia la sua frase più celebre: “Io, se potessi, scenderei in campo adesso, su un prato o all’oratorio. Perché io amo il calcio.” Mi sono trovato ad asciugarmi le lacrime ed a pensare al significato di quella frase. Io, sicuramente, non sono adeguato a scrivere un pezzo su un eroe (non solo calcistico) ma sono un piccolo cacciavite e ho imparato la lezione in fretta. Non mi sono arreso.

Grazie Stefano, e non solo per quel gol.

Pier

La prima volta che sono entrato a San Siro il Milan vinceva il suo decimo scudetto. Ai miei occhi di bambino con la mano nella mano di suo nonno quello era il paradiso. Migliaia di persone in delirio, i colori accesi di una maglia meravigliosa e di un campo verde come gli smeraldi. I miei occhi sulla curva e quello striscione "Fossa dei leoni" che diceva al mondo come noi eravamo diversi dagli altri, leoni in un mondo di pecore. Da allora ogni volta, fosse allo stadio, con la radiolina incollata all'orecchio o davanti alla televisione la magia è stata sempre la stessa.