Vampiri contro Zombi

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La Superlega così come imposta dal patto di sangue dei 12 vampiri era inaccettabile. Specialmente perchè la mossa è stata condotta alla stregua di un golpe e ha generato reazioni proporzionate. Chi era il consulente strategico del progetto, John Matrix? O forse Giampaolo…
Ci sono comunque cose peggiori per cui evocare ‘i valori’ a difesa dello sport, tipo Calciopoli e il suo lungo sequel. Quei verbali (non la sentenza) si che hanno posto fine, almeno per me, all’idea romantica di calcio e avrebbero meritato uno sdegno totale e irreversibile. Ma se dopo 16 anni, in cui non è cambiato niente, siamo ancora qua a guardare partite
Il Milan ha deciso di far parte di questa iniziativa e lo ha fatto per motivi finanziari. Come comunicato dalla società accettare l’invito alla Superlega era per la tutela dei loro/nostri interessi. Poi questi interessi possono essere condivisibili o meno.
Non condividerli prevede probabilmente l’accettazione di quello che passa e passerà il convento; condividerli, invece, rassegnarsi a far comunella con Andrea Agnelli & simili.
Siamo nella stessa barca di questi signori, con gli stessi scopi e ‘ideali’ di fondo.
Vampiri, loro e noi.

Che la Superlega sarebbe finita in nulla dovevamo capirlo dal fatto che Marco Belinazzo ha iniziato a descriverne meriti e prospettive. Quando si appassiona a un argomento questo giornalista, puntualmente finisce tutto a carte quarantotto; se un domani scrivesse “Lo sbarco su Marte nel 2025 è un meraviglioso progetto” il Pianeta Rosso ora di quattro anni uscirebbe dal Sistema Solare. Non di meno ha ragione: primo, i problemi finanziari e industriali del calcio restano tali e quali. Secondo, inutile esultare visto che già vincono i più ricchi e continueranno a farlo.
Comunque pur sgradendo le modalità maleducate, da invasori alieni, non mi sento di osteggiarla a prescindere come prodotto né lo farò quando si ripresenterà riveduta, corretta e accettabile nelle modalità di costituzione. Quello che deve essere chiaro è la scissione fra ‘sport’ e ‘entertainment’ o show business. Il calcio ‘moderno’ è quest’ultima cosa. Anche senza Superlega! E lo spettacolo attuale va migliorato. Alle proposte/imposizioni finto riformiste della UEFA preferisco il progetto di un campionato di èlite, che a cascata smuoverebbe anche qualcosa.
Questo al netto del mal de panza per la mancanza di meritocrazia; sempre che non sia da considerarsi un merito attrarre 10/15 volte più appassionati di altre squadre, ad esempio. E la sicurezza che il senso del torneo è meramente finanziario; il che, tuttavia, non è diverso dal senso che ci vedo io in una Champions League a 36 squadre e oltre, le cui perdenti si riciclano magicamente nel torneo sottostante.
Sarà un caso ma i commenti più intelligenti, meno netti e più aperti a riflessioni, pro o contro, li ho letti dal mondo del basket. Forse perché lì c’è un’esperienza diretta di un campionato europeo a licenze, dunque perlopiù chiuso, parallelo a tutti gli altri tornei nazionali ed europei, ed è un’esperienza ventennale. Che non ha cancellato il basket come sport professionistico, né tantomento come intrattenimento; che non ha distrutto i movimenti nazionali. E che cresce.

I Paladini del ‘calcio per tutti’ esultano: lo status quo di sparring partner e lacchè è preservato.
Zombi, e fieri di esserlo, perchè si poteva (e per certi versi doveva) dire NO alla Superlega, vista soprattutto l’arroganza e improvvisazione con cui è partita. Ma riflettendo in merito, non barricandosi dietro l’idealismo e i valori sportivi.
Non parlo certo di Ranieri e i pochi altri rimasti nel baraccone degni di rappresentare un ‘ideale’. O di Guardiola, che (democristianamente) ha tenuto il piede in due scarpe ma con una certa eleganza. Contesto però i toni da Masaniello della maggioranza dei detrattori. Tanti probabilmente invidiosi o, peggio, paurosi di perdere l’immagine da “buoni”.
Da molti anni il calcio è più spettacolo che sport, risponde più al mercato che ai valori. Ma si fa finta che non sia così. I valori ci sono, vanno preservati ovviamente. Ma il sistema calcio, il substrato su cui si sviluppa e cresce, è uno show business. Se metti il calcio sul terreno dei “valori” e del “sociale” lì purtroppo resta, e in breve rimane senza investimenti.

Inoltre non vedo molti valori sportivi nel “calcio di tutti” di oggi.
Gli agenti ricattano i club, c’è una corsa al rialzo che non si fermerà; i club si accordano su risultati di campo e finanziari, la meritocrazia è inficiata costantemente da potere e denaro in maniera anche palese (guardare gli Albi d’Oro, please). Ogni settimana c’è un potenziale “scandalo” dal punto di vista meramente sportivo, fra cui taroccamenti di passaporti, dilazione di stipendi, tamponi covid alterati, controlli antidoping osteggiati: qualcuno dice mai qualcosa?
Migliaia di ragazzini vengono mercificati per diventare numeri sui registri o peggio merce di scambio nel gioco di agenzie senza scrupoli. I Mondiali nel deserto costano morti ogni giorno.
In Italia i piccoli e medi club avversano qualunque proposta di riforma e rinnovamento da decenni. E proprio a loro, in particolare, è andata benissimo la dittatura bianconera; che Andrea Agnelli ha comandato con la stessa, medesima arroganza fattiva e verbale degli ultimi giorni. Non è mai volata una mosca.
Allora diciamo che lo slogan giusto per oggi è:
“LA GRANA E’ DI TUTTI”
No IL CALCIO.
La Superlega non è la risposta ai problemi di cui sopra. E promossa infatti da vampiri. Ma è qualcosa, è un cambiamento.
Pochi si sono chiesti ‘perché’ o hanno fatto mea culpa. E questo certo non me lo aspetto dalla UEFA o da un Rumenigge, che ovviamente è per il calcio di tutti, quello del campetto dove si respira la bruma del mattino e dove Davide sconfigge Golia.
Una volta ogni 54 anni.
Poi, per star sicuro che non si ripeta, Golia si compra Davide a parametro zero.

Quindi ci fate lo sconto su Tomori?

L’Equipe ha celebrato l’impresa del Rumilly Vallieres :“QUESTO E’ CALCIO”, in opposizione ovviamente alla proposta elitaria della Superlega. Il club dilettantistico di quarta divisone ha sconfitto il Tolosa. Ed è bellissimo, ma se QUESTO E’ CALCIO, sottointendendo che altro non lo è, perchè il Tolosa ha giocato imbottito di riserve e giocatori della squadra B? Perchè questa partita è stata fruibile giusto a pochi tifosi francesi, se è questo che la gente vuole? Perchè, più genericamente, i diritti TV della Coppa di Francia (che finanziano dunque la competizione) valgono 20 milioni di euro (spicci), e il broadcaster ha chiesto un 30% di sconto su questa cifra non più di un mese fa? Inoltre: in che modo una Superlega ostacolerebbe una sfida fra Rumilly e Tolosa? Se piace tanto facciamo vedere più Rumilly-Tolosa e meno, per restare in Francia, PSG.
E’ la fiera della minchiata: SUPERGREED, lo striscione dei tifosi del Chelsea, club di proprietà di Roman Abramovich. Un filantropo alfiere del calcio paritario e decubertiano. A botte di 250 milioni di euro (cartellini) di campagna acquisti (anno COVID). Come diceva mio nonno: dolce l’uva! Caro il mio tifoso blues…15 anni fa dovevate esporlo lo striscione, o anche prima. Come anche quelli del City. Come anche noi, forse 30 anni fa. Il “calcio vero” non è più falso di quello della superlega.
Senza coerenza, non c’è valore. E questa è stata la fiera dell’incoerenza: un rigurgito di idealismo tagliato male a proteggere un qualcosa…che non esiste! Quindi vale ZERO. Tranne per i club, specie quelli inglesi, che si sono ritirati per quattro striscioni. Ovviamente secondo la fiaba narrata dai media: “C’erano una volta i vampiri che volevano fare un cosa cattiva…ma un gruppo di Eroi espose uno striscione e…”.
E gli zombi magari ci credono…

Coerenza: nel 2005 all’avvento di Glazer al Manchester United un gruppo di tifosi ha rifondato il club come United of Manchester non volendo avere niente a che fare con quel modello di business. Dopo 16 anni dalla fondazione è all’ottavo livello della piramide calcistica inglese, veste una bellissima maglia rossa senza sponsor, ha una sezione femminile e uno stadio di proprietà costruito perlopiù grazie alle donazioni dei soci e tifosi che lo affollano e dopo la partita bevono insieme e chiaccherano coi giocatori.
Questi signori volendo possono esporre lo striscione e farci la morale sulla Superlega un giorno si, l’altro pure, e mandarci pure a fanculo.
Noi secondo me siamo obbligati a discuterne. E poi, eventualmente, non guardarla.

Larry

22/11/1997, primo blu. Un ragazzino guarda per la prima volta l’erba verde di San Siro da vicino.Il padre gli passa un grosso rettangolo di plastica rosso. “Tienilo in alto, e copri bene la testa. Che fra un po’ piove”. Lapilli dal piano di sopra, quello dei Leoni. Fumo denso, striscioni grandi come case e l’urlo rabbioso: MILAN MILAN…Quel ragazzino scelse: rossonero per sempre. Vorrei che non fosse cambiato nulla, invece è cambiato quasi tutto. Non posso pretendere che non mi faccia male. O che non ci siano colpevoli. Ma la mia passione, e quella di tanti altri, deve provare a restare sempre viva.