Atene e dintorni

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Le premesse

E’ la tarda serata del 2 maggio 2007, io e il mio amico Daniele, compagno di tante serate rossonere, siamo bagnati fradici sui gradoni del secondo anello rosso e ancora increduli di aver assistito alla “partita perfetta”, il Manchester United è stato appena spazzato via dalla tecnica di Seedorf e Kakà, e un giovane Cristiano Ronaldo, non ancora CR7 ma avviato a diventarlo di lì a breve, è stato brutalizzato dalla grinta e dal pressing di Rino Gattuso.

La partita è finita da un minuto, un lungo minuto di silenzio per ritrovare il fiato al termine del quale io e Daniele ce ne usciamo entrambi con un “E adesso si va ad Atene!”. L’occasione è troppo ghiotta, ci aspetta lo stesso Liverpool che ci ha beffato due anni prima nella finale più incredibile della storia della Champions, qualunque milanista abile ed arruolabile vorrebbe andare ad Atene a lavare l’onta.

Però c’è un però.

Il problema non è trovare i biglietti, e sotto vi spiego perché, il problema è la mia fottuta paura dell’aereo, dopo aver partecipato in macchina alla più lunga carovana della storia rossonera destinazione Nou Camp, ho rinunciato ad almeno 3 finali in cui avevo il biglietto in mano per la mia atavica paura di volare: Atene’94, Manchester (ahimè) ed Istanbul (e pazienza).

Stavolta però voglio esserci, costi quel che costi, nella mia mente malata matura la folle idea di prendere una settimana di ferie per fare Genova/Atene andata e ritorno in macchina + nave: Daniele si chiama fuori per impegni di lavoro, ripiego sulla mia ex-moglie (per la verità in quel momento non è ancora ex, la carica la conquista qualche anno dopo) che in realtà il calcio non lo regge proprio, ma viene convinta dalla prospettiva di una settimana di vacanza turistico/culturale in Grecia “e già che siamo lì ci guardiamo anche la finale di Champions ad Atene…”.

I biglietti

I bglietti dicevamo: qui entra in gioco il mio amico Fabrizio. Chi è Fabrizio vi chiederete?

Avete presente quei quattro bodyguard tutti eleganti vestiti di nero che si vedono da sempre in televisione attorno a Silvio Berlusconi? Beh, uno di quei quattro è Fabrizio.

E’ un bravissimo ragazzo di Genova che ho conosciuto tanti anni fa per motivi di lavoro, gli ho fatto un mutuo per comprare casa con la sua prima moglie, e poi un altro quando si è separato per andare a vivere di solo, con il tempo è nata un’amicizia sincera che mi ha dato qualche “piccolo vantaggio competitivo” in termini di ticketing.

 

 

Con un unico inconveniente, i preziosi tagliandi provengono sempre dalla dotazione presidenziale, e quindi bisogna andarli a ritirare di persona il giorno stesso della partita a Villa San Martino, Arcore: ricordo estenuanti check point nei pressi della Villa, lunghe attese davanti al cancello fino all’arrivo della storica e fidata segretaria Marinella con la busta sigillata in mano… e poi lunghe code sulla tangenziale per arrivare in tempo a San Siro.

Questa volta però no, i biglietti arrivano direttamente dall’UEFA e quindi mi vengono recapitati a casa da un corriere DHL.

Il viaggio

Con i biglietti in saccoccia, posso finalmente progettare il viaggio.

Logicamente trovare un albergo ad Atene è impresa disperata, le sistemazioni alberghiere sono state accaparrate dai tour operator che offrono il pacchetto volo+hotel, e i pochi posti rimasti disponibili negli alberghi più belli viaggiano a quattro cifre. Inizio ad allargare il raggio della mia ricerca e alla fine la scelta cade su Tolo, un piccolo villaggio di pescatori sulla costa del Peloponneso, dista circa 150 chilometri da Atene (…) ma è incastonato su una bellissima baia in prossimità di molti siti di interesse archeologico (Argo, il Teatro di Epidauro… è quello lo scopo primario della vacanza, no?)

Con i biglietti in tasca e l’albergo prenotato, il passaggio nave è un gioco da ragazzi: la Anek Lines offre un comodo traghetto che ti porta da Ancona a Patrasso in meno di 22 ore, e per mia fortuna ha ancora qualche cabina libera per la notte.

Lunedì 21 maggio 2007 partenza all’alba, Genova-Ancona sono poco più di cinque ore di macchina e la nave per la Grecia salpa alle 15, ma per non correre rischi di sorta e parare qualunque imprevisto lungo il percorso decido di salutare la Lanterna ancora accesa alle 5 del mattino, il viaggio in traghetto scorre tranquillo (per quanto l’aereo mi terrorizza la nave mi rilassa) e prima di andare a nanna troviamo il modo di fraternizzare sul ponte con un gruppo di tifosi del Liverpool mangiando spiedini di manzo con tzatziki accompagnati da fiumi di birra.

Ricordo vagamente nel sonno uno scalo intermedio a Corfù all’alba e finalmente l’arrivo nel porto di Patrasso passato il mezzodì di martedì 22, sbarco veloce e via sull’autostrada Patrasso-Corinto: autostrada credetemi è un termine forte, è una strada a due corsie con asfalto rivedibile e senza spartitraffico nel mezzo, la corsia di marcia è quella di emergenza, quella di sorpasso la corsia normale che gli indigeni percorrono a velocità folle. Terrorizzato dall’idea di andare a Roma senza riuscire a vedere il Papa, mi piazzo sulla corsia di emergenza alla velocità di crociera di 80km/all’ora e si arriva a Tolo sul far della sera.

Il giorno della partita

Mercoledì 23 è il gran giorno, la sveglia suona molto presto, alle 8 stiamo già transitando sull’istmo di Corinto e poco dopo le 9 siamo ad Atene.

Parcheggiata la macchina in centro iniziamo a girare per la città, accorgendoci ben presto che brulica di inglesi, Atene è una gigantesca macchia rossa con cori da stadio che rimbombano in ogni angolo della metropoli, ai 30mila tifosi Reds giunti fin lì muniti di regolare biglietto se ne sono aggiunti almeno altrettanti che ne sono privi e lo cercano disperatamente in ogni angolo della città, li vedi girare tra i bar della città moderna e tra le rovine archeologiche in cima all’Acropoli, tutti con la loro bella maglietta rossa con la frase “The miracle of Istanbul” sul faccione di Gerrard.

Molti di loro portano appeso al collo un cartello con la scritta “I buy ticket”, e sotto la cifra che sono disposti a pagare per averlo: quando ne vedo uno con scritto 1500 GBP sono tentato di preparare un pacchetto all inclusive comprendente anche la mia ex moglie, ma poi la parte migliore di me decide di soprassedere.

Da quel momento in poi capisco che la posta in gioco è dannatamente alta, e ogni 5 minuti non posso fare a meno di mettere la mano in tasca per controllare se i preziosi tagliandi sono ancora al loro posto.

Fortunatamente il momento della partita si sta avvicinando, è il momento di prendere la metro che conduce dal centro città allo Stadio Olimpico Spiros Louis, situato nel quartiere di Maroussi (e per uno che arriva da Genova, è un po’ come sentirsi a casa).

Per la metro a dire il vero vale un po’ il discorso fatto in precedenza per l’autostrada, visto che per il 90% del tragitto scorre a cielo aperto; mi accorgo che la mia organizzazione autonoma del viaggio mi ha tagliato fuori dai circuiti canonici di separazione tra le tifoserie predisposti dall’UEFA, all’interno della metro sono praticamente un puntino rossonero in mezzo alla marea rossa, fortunatamente l’atmosfera è goliardica ma molto tranquilla, tra pacche sulle spalle e rutti assordanti trascorro la mezz’ora abbondante che ci separa dallo stadio imparando tutti i cori dei Reds.

Uno dei più divertenti è quello cantato sulle note di Yellow Submarine, dalla testa del vagone parte il coro “Number one is Carragher” e dalla coda “Number two is Carragher” e poi “Number Three is Carragher” e avanti così fino alla fine quando tutti saltano cantando “We all dream of a team of Carraghers, team of Carraghers, team of Carraghers”… nell’esaltazione del loro roccioso difensore cogli lo spirito autentico del tifo Reds, più ancora che nel mieloso You’ll never walk alone che a causa della manipolazione retorica dei media ha finito ormai per frantumare le balle a tutti.

La partita

Superati tre diversi posti di blocco in successione all’esterno, siamo finalmente dentro lo Stadio Olimpico, rigorosamente in curva, posso infine smetterla di controllare se ho ancora il biglietto in tasca ogni 2 minuti e iniziare a macerarmi serenamente in attesa della partita, metà della marea rossa è rimasta fuori dai cancelli, dentro siamo finalmente fifty-fifty.

Una mezz’oretta prima del fischio d’inizio, Berlusconi viene a fare passerella sotto la curva tenendo a braccetto Ronaldo, quello vero, il Fenomeno: Silvio è all’apice della sua popolarità e il popolo rossonero è in delirio, purtroppo ignaro di quello che il Cavaliere gli riserverà nel decennio successivo.

Per la verità in curva c’è un’atmosfera strana, i capi ultras stanno conducendo da tempo una guerra intestina contro la Società per questioni di biglietteria che è meglio non approfondire e cercano con le buone e con le cattive di convincere la curva ad attuare una sorta di sciopero del tifo, ma non è decisamente la serata giusta, c’è gente arrivata da ogni parte d’Italia per gustarsi una rivincita attesa due lunghi anni, è come cercare di arginare il mare con uno scoglio.

La partita è forse la parte meno divertente di tutta la vicenda, la tensione si taglia con il coltello e giochiamo infinitamente peggio che a Istanbul, ma quando Pippo segna sa solo lui come sotto la nostra curva il boato squarcia tutto lo stadio, e ci ritroviamo senza sapere come dieci file più sotto.

E quando a pochi minuti dalla fine si beve Pepe Reina andando a insaccare il gol del raddoppio per poi esultare accanto alla bandierina, l’emozione è talmente forte da spezzarmi il fiato, sono costretto a sedermi per non stramazzare al suolo… ed è solo in quel momento che vedo la mia ex moglie (di cui avevo dimenticato l’esistenza nella mezzora precedente) seduta lì accanto, che legge serafica il Corriere della Sera…

Il gol di Kuyt al novantesimo fa ricomparire per un attimo i vecchi fantasmi, ma non c’è nemmeno il tempo di avere davvero paura perché l’arbitro fischia la fine ed inizia il delirio dei festeggiamenti: è forte la sensazione di aver assistito al canto del cigno di una squadra di campioni meravigliosi, ma nemmeno il più pessimista tra i tifosi rossoneri può immaginare che il ciclo del grande Milan di Silvio Berlusconi è finito lì.

Come direbbe Franco, tutto il resto è noia, dal turismo archeologico/balneare dei giorni successivi all’ interminabile viaggio di ritorno, che scemata l’adrenalina del grande evento sembra infinitamente più lungo rispetto a quello di andata.

 

Spero vogliate perdonarmi se questo post non trasuda milanismo da ogni poro, forse avrei fatto meglio a soffermarmi sulle grandi virtù umane e calcistiche di Frank Kessie e compagni, ma tutto sommato è un compito che lascio volentieri a penne più raffinate della mia… a questo giro ho preferito abbeverarmi alla fonte rassicurante dei ricordi, nella speranza che non deve mai venir meno che presto o tardi si torni a riveder le stelle, e con loro la mia mamma che da qualche settimana immagino stazioni da quelle parti… un bacio Stella Polare, questo pezzo è dedicato a te.

 

Max

 

Il mio primo nitido ricordo del Milan risale all'8 aprile 1973, compleanno della buonanima di mio papà: sono sulle sue spalle a Marassi, e' il Milan allenato dal Paron e da Cesare Maldini, vinciamo 4-1 e lui mi indica la 10 di Gianni Rivera... Da allora tutta una vita accanto ai nostri colori, vivendo con la stessa passione gioie e delusioni, cadute e rinascite, disfatte e grandi trionfi, fino alla foto a fianco...ecco, il mio Milan è finito lì, dopo è iniziata l'era del Giannino....ma adesso, forse, si ricomincia.