Quattro Chiacchere in libertà

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Sono arrivate le confessioni. Arrivano momenti in cui non si possono più raccontare storie e storielle per tenere buoni i tifosi. Quando i nodi arrivano al pettine i bla bla bla non servono più, si firmano i contratti (o non si firmano) e le voci diventano fatti e quelli (quando concreti e misurabili) non si discutono. Se ne prende atto e, al massimo, si commentano.

La pandemia, ne sono sempre più convinto, ha solo accelerato un processo in atto. Le cose che si facevano nel passato, plusvalenze gonfiate per parare il sedere a bilanci disastrati, contratti plurimilionari, acquisti a cifre folli non sono più accettabili né sostenibili. Certo, come in tutte le cose della vita ci sono delle eccezioni. Gli Inglesi ad esempio sostenuti anche in questo periodo buio da diritti TV incomparabili rispetto a tutti gli altri. Bisogna però anche sottolineare come fanno girare gli sghei soprattutto all’interno del loro mercato mentre all’estero comprano si qualche “big”, o giovane promessa scintillante, a cifre spropositate (dal nostro punto di vista) ma sono ormai sempre meno. Oppure qualche squadra (vedi PSG) che può contare sui fondi apparentemente infiniti degli sceicchi ma lo sciallo sembra ora essere limitato a pochi e di grandi affari fino ad ora si è visto pochino.

Solo per rimanere da noi se il Milan era già stato chiaro sulla sua strategia (inutile tornarci sopra le lacrime e sangue che ci hanno promesso le consociamo a memoria) sono di questi giorni le grida di dolore di Marotta (che ha dovuto vendere Hakimi e spera, ma spera…) di non dover vendere altri, della Juve che ha appena varato un aumentino di capitale di giusto quei 400 (si proprio 400…) milioni di Euro (non pesos filippini) con i quali far fronte alle necessità ma che ha contemporaneamente annunciato un piano di ristrutturazione (con contenimento dei costi incluso). Per ultimi, De Laurentis che di fatto mette mezza squadra sul mercato (praticamente chiunque gli chiederanno) e proporrà, parole sue, rinnovi al ribasso anche ai giocatori più rappresentativi (leggi Insigne) e la Roma con più di 300 milioni di debiti e che, tra le altre cose, ha appena chiuso Roma TV per risparmiare qualche ghello (Mou o non Mou). Se le grandi non comprano (o comprano poco, o comprano all’estero per sfruttare prezzi ed occasioni più favorevoli) le piccole non vendono il giro si blocca e mano a mano i problemi aumentano scendendo a cascata. C’è un limite numerico anche ai giocatori che possono andare al PSG o a qualche ricca Inglese perché le rose non possono essere infinite. E’ possibile, come ipotizzano in parecchi, che più il tempo passa e di conseguenza il livello dell’acqua sale verso la gola degli sfortunati dirigenti/proprietari della squadre di calcio, scatti una sorta di corsa al ribasso pur di vendere. Difficile prevedere cosa capiterà nel breve periodo ma è uno scenario possibile tra i tanti.

Quello che sembra è che il mondo, che già cambierebbe velocemente per conto suo, ha accelerato ancora di più per gli effetti (disastrosi sotto tutti i punti di vista) della pandemia che ha letteralmente cambiato le nostre vite. Il calcio però, per quanto appare, è resiliente e resistente al cambiamento più di ogni altro settore. Troppi interessi personali, troppi privilegi, troppi vantaggi, equamente divisi tra calciatori, procuratori, dirigenti e proprietà ma ci aggiungerei anche il mondo dei media sportivi (che sul calcio ci campa), delle federazioni e di tutto il baraccone che ci gira intorno. Le federazioni poi, ad iniziare dalla FIFA con tutte le altre in sequenza, che sono quelle che dovrebbero regolamentare e gestire i momenti difficili come questo, ben se ne sono guardate perché capozzi e capetti avrebbero dovuto andare contro i propri interessi. Il panorama, visto così, è desolante.

Cosa cambierà ma, soprattutto, cambierà qualcosa? Difficile a dirsi ma l’impressione è che cercheranno tutti (chi più chi meno) di tirare avanti fino a quando possibile tenendo il muso nella mangiatoia e sganasciare fino a raggiungere il fondo e poi succeda quel che succeda. Il rischio non è tanto che il calcio (inteso come movimento globale) imploda così, semplicemente, e che il giocattolo si distrugga da se (troppo popolare a livello mondiale per morire su stè stesso), ma il rischio che l’elite Europea (e quindi mondiale se togliamo qualche sudamericana) si concentri ancora di più di quanto già non fosse prima limitando la corsa ai trofei alle solite tre Inglesi al PSG (che prima o poi un CL dovrà pur vincerla…) con qualche comparsata di Real e Barcellona che in qualche modo gli Spagnoli paraculeranno in quanto un eventuale ridimensionamento (dell’una a vantaggio dell’altra o addirittura ambedue insieme) creerebbe una sorta di rivoluzione di massa (là il calcio tra le due grandi ha pure una vera e propria valenza “politica” senza addentrarci troppo nell’argomento).

Il rischio è che le nostre squadre, così depauperate, selvaggiate dalle poche con i soldi in tasca (le partenze a scadenza non sono solo un problema del Milan ma l’impressione è che sia un trend in crescita esponenziale per la gioia di procuratori e calciatori stessi), così come molte altre che a turno sono riuscite ad entrare nell’elite Europea (anche se solo per periodi limitati) rimangano tagliate fuori dai posti che contano e che si dovranno limitare a scannarsi per i soli trofeucci nazionali.

Questo il quadro desolante che sembra venirne fuori eppure… Eppure non ne sono del tutto convinto. Sarà perché tifo questi colori dai tempi di Rivera (e Cudicini che da portiere fu il mio primo idolo), sarà perché anche allora passammo anni di limbo (serie B inclusa) prima di tornare alla “gloria di stampo Berlusconiano” (questo glie lo dobbiamo anche se poi l’abbiamo pagata), anche  se sarà diverso e dovremo sforzarci di avere un approccio differente, anche se dovremo essere pazienti (forse pure indulgenti oltre a quanto già non siamo stati) rimango convinto che i valori insiti nei nostri colori e nella nostra storia, della città che contribuiscono a rappresentare nel mondo, della parte “buona” dell’Italianità che mostrano e di cui sono orgoglioso al di là della consapevolezza dei nostri problemi, avrà un peso che ci farà andare oltre.

Sarà un Milan diverso, fatto di idee e non di magnati che cacciano la fresca, di scelte difficili che a volte funzioneranno ed a volte meno, di cose buone ed errori dai quali imparare per crescere ancora.  Voglio credere ancora che vestire questi colori debba essere ancora un valore aggiunto. Chi non lo capisce, chi non ne sarebbe gratificato invece, non sarebbe un valore aggiunto per questo team ed è meglio che vada (o sia andato) altrove. Non pretendo che i giocatori rinuncino a tutto solo per il gusto (sia chiaro, non voglio passare per matto) ma che almeno diano un peso nella valutazione di un contratto essendo consci che un conto è iscrivere il proprio nome in una storia di gloria ultracentenario come la nostra, un altro è farlo in una squadra che, il giorno in cui lo sceicco o il petroliere di turno si rompono le scatole e decide di dedicarsi ad altro, che so il rugby o il basket NBA o qualsiasi altra cosa, se ne tornerebbe in poco tempo nell’anonimato da cui è arrivata.

Noi invece, magari arrabbiati, magari delusi, ci saremo, perché per noi questi colori vogliono dire tutto… Il Milan ai milanisti (cioè noi tifosi, che non tradiamo mai) e che non rimanga solo uno slogan privo di significato. Prendetele così, giusto quattro chiacchere in libertà…

FORZA MILAN

Axel

Puoi cambiare tutto nella vita. La fidanzata, la moglie, l'amante, la casa, il lavoro, la macchina, la moto e qualsiasi altra cosa che ti viene in mente. Solo una cosa non potrai mai cambiare. La passione per questi due colori. "il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari". Grazie mamma che mi hai fatto milanista, il resto sono dettagli.