Pensieri

4851

Primi, non per caso – Milan primo in classifica dopo 8 partite, dopo un derby perso 1-5 e un’estate ‘calda’ i cui strascichi sono giunti fino ad oggi: un ottimo risultato. La squadra ha incassato il derby nell’unico modo possibile, cioè lavorando, mettendosi in discussione (anche il mister), senza farsi cogliere da frenesia e paura e mostrando sostanza, mente fredda e unità di intenti fra le parti.
Leggo un po’ qua e un po’ la e mi pare che si dia tutto per scontato, sia le prestazioni che i risultati, quasi che si dia per normale questo rendimento iniziale e ci si aspetti un crollo. Il che è un dejavu, una situazione da noi già vissuta.
A parte che abbiamo cambiato almeno 3 titolari, quindi di scontato c’era poco, da tifoso ricordo bene alcuni pensieri della primavera 2022, col Milan primo e incapace di chiudere i match contro Toro e Bologna in attesa del recupero dell’Inter a Bologna: “come faremo a combattere fino in fondo giocando così?”; “l’Inter è più cattiva e cinica di noi”; “segniamo poco e dipendiamo troppo dalla luna di Leao”, ecc. ecc.
Dato che però lo Scudetto lo abbiamo poi vinto, credo di poter fare un percorso mentale. Il Milan dell’autunno ’22 era una squadra poco competitiva, disordinata e poco solida; le motivazioni sono ancora oggi oggetto di discussione, e amen non ho voglia di tornarci su. Oggi sembriamo tornati invece in quell’ambiente più adatto ai successi fatto di lavoro tangibile durante la settimana, di concentrazione e applicazione, sacrificio, talenti al servizio della squadra. Anche se dal punto di vista tattico “subisco” Pioli e le sue idee, riconosco i germogli di un Milan più organizzato, un Milan adatto alla resistenza e alla sofferenza che sono la basi del successo sul lungo periodo. Nei numeri del possesso palla e nei numeri della difesa (1 gol in 6 partite dopo la catastrofe) c’è tutto il significativo dietrofront del Coach sulla strada, improduttiva, degli arrembaggi. La squadra è forte ma non perfetta, e va aiutata. Il compito di Pioli è soprattutto questo.
Il Milan sta tornando una squadra con identità e palle, dalla mentalità poco appariscente, pronta a subire scetticismi, pronta a fare errori, pronta a infastidire tutti quelli che, non capendo un cazzo, pensano che le cose succedono ‘per caso’. E poi risuccedono, e poi ancora. Sempre per caso eh.
Come dice l’amico Ale Johnson, bisogna puntare sulle cose semplici e togliere un po’ di “merda” dal cervello dei ragazzi, evidentemente troppo carichi di istruzioni, consigli e percorsi da seguire in alcune fasi tanto da fare cortocircuito. Questa essenzialità deve essere un punto di partenza e non di arrivo, ciò che dovevamo comprendere già l’anno scorso: ripartire dal finale della stagione ’21-22 e non cancellarlo derubricandolo a “evento eccezionale” ripartendo da stranezze tattiche, arrembaggi, confusione. E da lì crescere e accrescere le ambizioni, anche di gioco. Cosa che ovviamente con Pulisic, Reijnders e Musah riesce meglio che con Saelemakers e Vrancx.
Ma pure con Adlì in luogo di Krunic, ecco.

Leader – Rafa è il leader prescelto, piaccia o meno, da società e allenatore. Un giocatore gentile, solo apparentemente “frollo”: una faccia non da guerra, che per primo mi ha portato al pregiudizio che fosse un talento senza nerbo. Bella lezione: i pregiudizi vanno ingoiati prima che facciano fare figure; qualcuno può magari cercare anche alla voce “Gerry Maiale”.
Ibra lo avrà pure creato, ma lui si è poi fatto e cresciuto. L’ho già scritto il mese scorso e lo riscrivo: per me Leao è sul confine dell’Onnipotenza, è lì che bordeggia, forse può farcela quest’anno. La società lo ha pensato da tempo, e lo ha rinnovato, ed anche Pioli che lo ha caricato, difeso, e responsabilizzato: scelta giusta. Il popolo (social) rumoreggia, ma sbaglia, perché l’ambizione per Rafa non è fare bene una singola partita dopo l’altra ma passare oltre, entrare nella dimensione di leader tecnico capace di vincere e far vincere, pur non potendo essere centrale nel gioco (è comunque un’ala). Può e purtroppo deve ancora sbagliare delle cose, per apprendere; ma oggi non farei cambio con l’altro leader milanese, Lautaro. E non perché non lo reputi forte, ci mancherebbe, anzi mamma mia, è forse uno dei giocatori più determinanti che l’Inter abbia mai avuto: è l’Uomo Squadra per eccellenza, come leadership e come produzione, è al centro di tutto. Ho rispetto per Lautaro, più di altri parvenu che vinciucchiando qualche derby pensano di essere i padroni di Milano. Ma Leao può essere questo, e in più qualcosa che l’argentino non sarà mai: un genio da giochi rotti, insensibile al momentum e all’umore della partita. Io ci credo.

A zittire un po’ troppe polemiche, nel mese passato è tornato in plancia di comando anche Fikayo, l’Uomo. Per me un difensore eccezionale, fuoriclasse non so se in senso assoluto ma sicuramente per noi. Le discussioni e ironie su di lui mi hanno fatto incazzare, perché immeritate e anche un po’ miopi. Si va beh, ha sbagliato in alcuni casi ma bisogna sempre considerare le condizioni: 1 vs tutto l’attacco avversario, con 25 metri di campo vuoto alle spalle. Che poi è spesso la condizione base in cui lavora Fik, coordinatore della difesa, mentre il collega (Thiaw al momento) è più il marcatore/contraerea. Tomori deve scegliere in ogni momento posizione, tempo di salita o di intervento, se anticipare o meno, quale avversario contenere, dove chiudere: e in relazione a ciò secondo me sbaglia davvero poco.
Ma divertiamoci anche con qualche numero, relativo solo al campionato di Serie A. Tomori è arrivato al Milan nel gennaio ’21, e nella prima metà di stagione ha contribuito a riportare il Milan in Champions con 17 presenze, in cui sono giunte 11 vittorie e 7 clean sheet.
L’anno successivo, quello dello Scudetto, ha disputato 32 partite in cui il Milan ha perso solo 1 volta, e ha mantenuto la porta inviolata per 16 volte. Nelle 7 gare in cui è stato assente, abbiamo perso 3 volte e subito 10 gol (media 1,42) mentre in tutto il campionato ne abbiamo subiti 21 (media 0,65).
La scorsa stagione Fik ha disputato 32 gare (più 1 in cui è uscito dopo pochi minuti), le sconfitte sono state 5, 12 le gare in cui non abbiamo subito gol, 30 i gol subiti (0,9 media). Numeri in peggioramento, ma nelle gare in cui è mancato (inclusa quella dove è uscito quasi subito): 12 gol subiti in 6 partite, 3 sconfitte e 2 pareggi ottenuti.
E ancora quest’anno è tutto ancora più semplice: 7 partite di Tomo, 7 vittorie, 3 gol subiti; 1 assenza, 5 gol subiti.
In buona sostanza il centrale inglese a volte sbaglia, ma eleva le prestazioni di squadra in maniera ipersensibile: senza di lui in campo, il Milan ha davvero un rendimento da metà classifica. A tutti i numeri elencati prima aggiungo che tutte le peggiori debacle in campionato del Milan di Pioli dal gennaio ’21 sono avvenute senza Fik in campo: Milan-Atalanta 0-3, Inter-Milan 3-0, Fiorentina-Milan 4-3, Milan-Sassuolo 1-3, Lazio-Milan 4-0 (uscito al 20esimo), Milan-Sassuolo 2-5, Inter-Milan 5-1.
Se c’è una necessità prioritaria nella rosa e nella tattica, senza se e ma, è quella di sopperire all’eventuale assenza di Tomori.

Gogna – Evito di esprimermi sulle modalità con cui la ludopatia di alcuni giovani calciatori è stata portata all’attenzione del pubblico. Tuttavia è ormai cosa di dominio pubblico. Questo vizio, per quanto ai miei occhi cretino, sta appunto nell’insieme con le altre cattive abitudini e siccome ne ho a iosa, e ritengo che tutti ne abbiano, disprezzo la gogna che trovo inumana.
La loro pena è tutto sommato ridicola perché evidentemente capretti espiatori di una situazione molto più grande, che verrà allargata a convenienza ovviamente.
Sandro Tonali, che ricordiamolo e ricordiamolo bene: è un calciatore del Newcastle, ci da una lezione dura ma onesta. Al centro del villaggio nel 2023 c’è il Club, c’è la società, c’è il progetto. Liberi di amare i giocatori, i personaggi e gli uomini che ci paiono, ma senza paralleli col passato. Certo Sandro scommetteva sul Milan vincente quando non giocava lui e se proprio uno volesse (fosse ovviamente così la faccenda) pensare alla massima buonafede del bravo ragazzo, potrebbe immaginare che abbia piegato la ludopatia al tifo e se ne stesse a casa ad esaltarsi per il Milan E per le scommesse, con una passione duplicata.
Ma dopo un decennio di Giannino e dopo aver attraversato tutto il crepuscolo e poi la notte fonda della fine dell’Era berlusconiana, arrivando a chiedere la Distruzione di Cartagine più volte, qui, per vedere una rifondazione vera anche nello stile, negli ideali, nella comunicazione, io ho completamente smesso di ricercare queste cose. Fanno parte di un’altra epoca, di trionfi, ma che si è chiusa e si è chiusa proprio a colpi di “capitan futuri” e altre scemenze.
Club, società, progetto. Idee di gioco. Numeri. Risultati. A me questo interessa. E allo stadio ci vado ugualmente. E se il Milan fa cagare, mi incazzo, non lo seguo, protesto. Non è che sono diventato ebete perché ogni tanto penso (e scrivo) che Harry Kane non lo possiamo comprare o che Furlani prima di attenderlo coi forconi a Casa Milan meglio capire un po’ chi sia e come lavora.
Tonali? Un calciatore. Del Newcastle oggi. Venduto perché non si poteva dire no, non poteva dire no nemmeno lui, venduto bene. E pure nel momento giusto.
Poi non c’è bisogno di fare i dietrologi (anche un po’ stronzi) collegandoci Maldini e il suo possibile diniego della cessione Tonali, o una possibile operazione Zaniolo. Ciò è totalmente inopportuno.

Larry

22/11/1997, primo blu. Un ragazzino guarda per la prima volta l’erba verde di San Siro da vicino.Il padre gli passa un grosso rettangolo di plastica rosso. “Tienilo in alto, e copri bene la testa. Che fra un po’ piove”. Lapilli dal piano di sopra, quello dei Leoni. Fumo denso, striscioni grandi come case e l’urlo rabbioso: MILAN MILAN…Quel ragazzino scelse: rossonero per sempre. Vorrei che non fosse cambiato nulla, invece è cambiato quasi tutto. Non posso pretendere che non mi faccia male. O che non ci siano colpevoli. Ma la mia passione, e quella di tanti altri, deve provare a restare sempre viva.