Il Milan e lo scalda cuori di nome Hauge

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Il 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo mise per la prima volta il piede in America. Nonostante il suo viaggio, e anche la sua convinzione, lo spinsero a pensare di aver finalmente scoperto le Indie, raggiunse la Nuova Terra dopo mesi di traversata oceanica. L’impatto di questo evento ebbe conseguenze inimmaginabili, sia per Colombo che per le popolazioni indigene. Questa data comunque rimane stampata nella memoria come una delle più grandi imprese dell’uomo.

Oltre 500 anni dopo, a latitudini ben diverse, comincia, invece, l’avventura di un ragazzo norvegese che nasce a Bodo, a pochi chilometri dal Circolo Polare Artico. Non parliamo del caldo e del clima mite di Palos, da dove Colombo partì per le sue spedizioni, ma bensì, di una piccola cittadina che ha una media annuale di 7° centigradi e che tra dicembre e gennaio non vede il sole. Jens Petter Hauge, questo il nome del ragazzo, nasce proprio il 12 ottobre 1999 ed è il primo di tre fratelli. Nascere a Bodo, nell’estremo nord della Norvegia, non è facile, soprattutto quando l’intera popolazione della tua cittadina, occuperebbe tranquillamente una parte dello stadio San Siro di Milano. Negli anni novanta, con i migliaia di abbonati, i circa cinquanta mila abitanti di Bodo, avrebbero rappresentato il pubblico di una partita di Coppa Italia. La stessa Coppa Italia che vide un altro norvegese protagonista con la maglia del Milan, Steinar Nielsen. Una fugace apparizione la sua, che però impreziosì con un gol in un derby, finito 5-0 per il Milan. La sua punizione, per nulla irresistibile, trafisse l’allora portiere Pagliuca per la quinta volta. Fu l’apice della sua breve e poco memorabile avventura rossonera che lo vide partente pochi mesi dopo in direzione Napoli.

Hauge titolare nella U21 della Norvegia

Tornando al giovane Jens, come anticipavo, non è facile crescere a Bodo quando si è innamorati del calcio. Basti pensare che fino a pochi anni fa, le squadre del nord della Norvegia non partecipavano nemmeno al campionato nazionale, troppo complicate le trasferte e le distanze erano spesso insormontabili. I campi praticamente sempre ghiacciati e i costi insostenibili. Eppure a Bodo, per accompagnare i giovani allo sport, erano stati creati dei progetti di inclusione per ragazzini stranieri, dove si poteva cominciare a calciare il pallone. Jens, norvegese, a 3 anni inizia già a giocare con ragazzini più grandi di lui e, nella maggior parte dei casi, anche di etnia diversa. Questo episodio ricorda l’infanzia di qualcuno che visse lo stesso a Malmoe, ma in quel caso era lui lo “straniero”. Ma quella è tutta un’altra storia. Vedere quel piccolo biondissimo ragazzino correre insieme a ragazzi più grandi era tremendamente divertente, sopratutto, racconta il padre, come in ogni comunità infantile bisognava spronare i più grandi a passargli la palla. La prima scintilla scatta grazie ad una maglia da gioco. Jens incontra per caso il figlio dell’ex nazionale norvegese Runar Berg, che indossa la maglia del Bodo Glimt. Gialla, bella, con uno sponsor e diversa da tutte quelle che il piccolo Jens aveva visto prima. L’innamoramento è istantaneo tanto da convincere papà Hauge ad investire un bel gruzzolo di kroner per regalarne una uguale al figlio. La maglia gialla diventa la sua compagna di vita, come ogni bambino la indossa in ogni momento della giornata e non manca l’occasione di trovarlo seduto davanti al televisore ad ammirare i campioni sul campo di gioco. La mamma di Jens racconta che dove non arrivava la loro conoscenza calcistica, sua e del padre, arrivava la competenza del piccolo. A 5 anni conosceva già squadre a calciatori e capitava di vederlo esultare per un gol di un qualsiasi giocatore. Rimane memorabile la sua esultanza per un gol di Drogba con indosso la maglia della Costa d’Avorio, immaginate cosa possa rappresentare per un bambino così piccolo e così tremendamente lontano da una realtà come quella africana.

In Norvegia, per cominciare a giocare in una squadra bisogna cominciare la scuola primaria, quindi a 6 anni. La sua passione e le sue capacità, che cominciavano ad essere chiare, fecero in modo che la famiglia, grazie ad alcuni amici del padre, riuscì ad iscriverlo a soli 5 anni nell’accademia del FK Vinkelen. Dopo poco lo raggiunse anche il padre, che come spesso accade in alcuni Paesi del nord Europa, inizia ad allenare proprio la squadra del piccolo Jens. Da lì ore e ore di allenamenti e partite, senza mai perdere un minuto. Pioggia, neve, freddo e ghiaccio non hanno mai fermato la sua passione. Le sfide con vicini di casa e amici, quasi sempre più grandi, erano all’ordine del giorno e non potevano finire fino a quando tutti non fossero stremati. A 12 anni arriva il grande salto. Considerate che Bodo è una cittadina piccola, pertanto passare da una squadra amatoriale all’unica squadra professionistica della regione, è, di fatto, un grosso salto. Approda al Bodo Glimt, a quella maglia gialla tanto amata e tanto desiderata pochi anni prima. Il “professionismo” porta competitività e serietà, due doti che Jens, già da piccolo ha sempre sviluppato. E’ così tanta la voglia di giocare che non perde l’occasione di giocare anche a calcio a 5, e questo lo aiuterà in futuro per migliorare i suoi movimenti nello stretto. Diventa un atleta e le tappe si bruciano in fretta, soprattutto in una realtà, come quella del Bodo, che ha necessità di sfornare giovani promettenti per poi mandarli in giro per l’Europa. Ma come spesso capita, ci sono sempre degli intoppi per la via al successo.

Un giovane Hauge con il Bodo

Hauge ha voglia di giocare e vuole mettersi in mostra ma a Bodo non rende come ci si aspetta. Non parte spesso dall’inizio e fa fatica ad imporsi. Arriva così il 2018, Jens vuole più spazio, ha un carattere tosto, quindi viene spedito in prestito all’Aalesund. In panchina c’è Lars Bohinen, vecchio girovago del calcio norvegese. Lui stesso ammette che il matrimonio tra Hauge e l’Aalesund arriva nel peggior momento possibile. La squadra non vince mai e fatica a fare punti. Hauge non ha grosse qualità difensive e Bohinen deve fare delle scelte per cercare di tenere la barra a dritta. Il giovane gioca pochissimo, ancor meno che a Bodo. Parte solo una volta dall’inizio e quando subentra non è mai decisivo. A fine stagione torna a casa, con tanta rabbia e con un carattere nuovo. A Bodo ritorna un ragazzo molto diverso, più duro, più convinto. In un’intervista dello scorso ottobre, Bohinen sottolinea come Hauge abbia avuto una grande fortuna ad allontanarsi da casa e che il trampolino per prendersi prima il Bodo e poi il Milan è stato proprio il fallimento dell’esperienza con l’Aalesund. Quella esperienza lo ha formato e ha mitigato la sua voglia di crescere e spaccare il mondo senza seguire le tappe. Lo Jens di oggi, prosegue Bohinen, è un altro ragazzo ma soprattutto un altro giocatore, più completo, ha avuto una crescita formidabile.

Hauge con la maglia dell’Aalesund

Il resto è storia recente, il piccolo Bodo che si trova ad affrontare il Milan nei preliminari di Europa League e quel ragazzo biondo che, già aveva iniziato a far parlare di sè nei turni precedenti, mette piede a San Siro. Un gol ed un assist per lui, in quello stadio tristemente vuoto, che avrebbe ospitato tranquillamente tutti i suoi concittadini e chissà che entusiasmo ci sarebbe stato di fronte ad un’impresa del genere. In realtà, non è mai andato via da Milano, perchè dopo pochi giorni è tornato per firmare il suo contratto con i rossoneri. E’ arrivato in punta di piedi e proprio per il suo profilo basso e la sua serietà non sono stati scomodati inutili paragoni. I norvegesi al Milan, con lui, sono 3 nella storia, pertanto si può solo aprire un nuovo capitolo. Sul campo ha già fatto vedere che cosa può fare, in campo aperto e a partita in corso può essere importante. Dalla trequarti in su, fronte alla porta ha lo strappo per creare il pericolo ma con le doti atletiche che ha può, e deve, fare tutta la fascia per aiutare Theo, in copertura. Con al sua disciplina, che si porta dietro da quando era bambino, in un Milan dove si segue l’educazione zlataniana può solo migliorare e crescere ulteriormente. I due gol segnati finora sono lì a dimostrare la sua mentalità, sfruttare le occasioni e crescere in un campionato decisamente più complicato. Il suo sguardo fiero promette bene, l’ambiente attuale è l’ideale anche per lui.

Probabilmente non abbiamo scoperto l’America con il suo acquisto ma le doti del ragazzo sono note da tempo, pertanto è lecito aspettarsi che Hauge dalla fredda Bodo possa scaldare i cuori dei tifosi rossoneri e che possa lasciare un’impronta più indelebile dei suoi predecessori

FORZA MILAN

Johnson

"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.