Juve-Milan presentazione

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Brutta la vita dei milanisti, da quando quelli che una volta erano i big match attesi per una intera stagione sono diventate le partite più sofferte, nelle quali ci viene sbattuta contro il muso la realtà dei fatti della nostra mediocrità. Pochi giorni fa ho rivisto gli highlights di Juventus-Milan 1-3 del 2004, match dominato con la doppietta di Seedorf e il gol di Sheva. E mi è tornata in mente un’altra grande vittoria, lo 0-2 del 1999 con la corsa a perdifiato mano nella mano di Weah e Boban sotto il settore ospiti del Delle Alpi. Ma anche lo 0-1 con la rete di Gattuso a Buffon o lo 0-3 del 2010. Quattro vittorie diverse di quattro Milan differenti, uno leggendario, due “solo” grandi, un altro sofferente nei risultati della stagione forse più sofferta, quella del 2010, ma non per demeriti propri, quanto per le vittorie dei dirimpettai. Un Milan, quello di Leonardo, comunque fiero e solido, che andò a vincere anche al Bernabeu appena diventato casa di CRallora9, Kakà e Benzema e che a marzo fu lì lì per agguantare la vetta della classifica in solitaria, non fosse stato per il pari di San Siro col Napoli. Anni luce fa, non solo temporalmente, ma soprattutto nei valori e nei sentimenti di giocatori e tifosi, nella foga e nell’orgoglio di vestire e supportare questi colori. Ahinoi…

La realtà ha il brutto vizio di raggiungerti sempre, a prescindere da quanto maliziosamente si cerchi di ingannarla. La nostra realtà parla chiaro: piaccia o no (ovviamente no) la Juventus è la regina del campionato sotto più o meno ogni punto di vista, rincorsa e imitata, ma ancora mai raggiunta da chicchessia. Hai voglia a giocare bene come faceva il Napoli di Sarri o a rubare due suoi ex uomini chiave, come fa l’Inter cinese, il vantaggio accumulato negli anni è ancora troppo ampio. Anche e soprattutto “politicamente”, per così dire. Cosa potrà quindi mai fare, il piccolo Milan di Pioli? Stringere i denti, soffrire e giocare per il proverbiale punticino che muove la classifica? Forse. O ancora meglio, come dicevo una settimana fa, evitare di puntare al risultato, ma lavorare sulla mentalità. Il destino del calendario tanto criticato dal mister rossonero ci ha riservato le forche caudine di turni complicati nello stesso periodo, dalla Lazio al Napoli, dalla Roma alla Juve. Mi rifiuto di pensare, anche nella complicata situazione di classifica odierna, di ragionare come una neopromossa, il cui imperativo è in questi casi quello di “fare bella figura”. Certo, forse è ciò cui dovremmo davvero puntare, ma non lo accetto, forse arrogantemente. Cerchiamo piuttosto di trovare il piacere di giocare a pallone, per quanto possibile. Sfruttiamo queste occasioni per testare la nostra crescita, ammesso che ci sia, o comunque cerchiamo di stimolarla, di lavorarci su. Questo è un modo sicuramente più produttivo di affrontare 90 minuti di condanna.

La Juventus, a livello tattico e tecnico, ha soluzioni pressoché infinite. I giornali parlano oggi di un possibile 4312 per Sarri, con Cuadrado e Alex Sandro esterni (d’altronde come dimostrano il Liverpool di Klopp e il Borussia Dortmund i terzini sono oggi estremamente rivalutati sul piano dell’espressione offensiva), Ramsey e Pjanic a sopperire alla mancanza di qualità di Matuidi in mediana e Douglas Costa a supporto di Ronaldo e Higuain. In panchina? Rabiot, Bentancur, Dybala, Bernardeschi, Emre Can, Khedira, Danilo: tutti elementi che da noi sarebbero titolari fissi, inamovibili, granitici. Quando si parla di differenza…. Senza dimenticare Sarri, che certo non è ancora riuscito a rendere i suoi “11 piemontesi tosti” una macchina da gol com’era invece la sua versione del Napoli, ma ha conferito alla squadra forse ancor più sicurezza difensiva di quanto non fosse un anno fa. Questo perché la difesa dell’ex tecnico del Napoli è il possesso palla, mentre per Allegri erano i muscoli. E ad ogni modo la Juve crea eccome, non facciamoci confondere dai “pochi” gol fatti.

Dall’altra parte il 3421 del Milan, con un nuovo, ennesimo esperimento. Che potrebbe pagare, sia chiaro, soprattutto perché questa squadra che gioca ostinatamente da anni con il 433 non ha i calciatori adatti per poterlo interpretare al meglio (non tanto a livello tattico, ma soprattutto fisico). Non che i nostri problemi siano i numerini che compongono le tre o quattro cifre che formano lo stile del metodo di gioco, per carità, ma tutto fa brodo. In difesa Romagnoli in mezzo, Duarte e Rodriguez ai suoi lati. A centrocampo Krunic e Bennacer centrali con Conti e Theo tornanti, davanti Piatek con Calhanoglu e Suso alle sue spalle (ma, come detto, più stretti). Tutto fa pensare che l’intenzione di Pioli sia quella di costruire una sorta di fortino con la difesa più spesso a cinque che a tre, ma staremo a vedere come si svilupperà la partita di questa sera, soprattutto se ce ne sarà una, di partita. Quanta pazienza, ragazzi… ma comunque, Forza Milan.

Fab

Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.