L’atto di fede

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Così come l’universo – come ci spiegano gli astrofisici – è caratterizzato da forze equipollenti e contrarie che creano un equilibrio quasi perfetto, così – si fa per ridere eh… – il mio articolo bisettimanale sul Night, in questo periodo, è forse funzionale a iniettare qualche goccia di siero dell’ottimismo e della positività in un universo .- quello del tifo rossonero – che sta nuovamente vivendo settimane di passione e, come ha correttamente ricordato Gianclint nella sua riflessione, di incertezza. 

Un’incertezza che fa a pugni con le (troppe) certezze che l’entusiasmo per il vortice dello scorso luglio, la «fuga» dei cinesi e l’addio della dirigenza dell’epoca, con dirompente ingresso del fondo Elliott, di Leonardo e di Paolo Maldini avevano prodotto. In realtà, osservando la situazione con la dovuta lucidità e il necessario distacco, da allora è cambiato ben poco. La nuova «proprietà» era arrivata all’ultimo o quasi e aveva dovuto fare le cose in fretta e furia, comprese le scelte su tecnico, dirigenti e giocatori. Gli americani – estranei fino ad allora a questo mondo – hanno dovuto ambientarsi, capire dove fossero finiti, gestire i problemi con la Uefa e costruire a un progetto definito e serio. Nell’interesse primario e legittimo della tutela del loro investimento.

Perché su questo, personalmente non ho dubbi. Il progetto, proprio perché chi lo ha ispirato in tanti anni di business non ne ha quasi mai sbagliata una, è serio. Se poi funzionerà lo scopriremo solo vivendo, ma sul fatto che sia serio non ci sono davvero dubbi. A cominciare dal «proclama di Gazidis», tutto sommato prevedibile nei contenuti, proseguendo con la scelta di un allenatore che è stimato da molti, ancora affamato e allo stesso tempo in linea con le attuali ambizioni e possibilità del club. Piaccia o non piaccia.

Mi scuso. Perché qui mi rendo conto di toccare il nervo scoperto con il dito cosparso di sale. Ad oggi le nostre ambizioni sono le seguenti: fare la pace con la Uefa e con i conti, arrivare in Champions league per rimanerci, rendere il boccone Milan davvero appetibile per nuovi, possibili,  auspicati, fondamentali, investitori. Solo allora si potrà, forse, tornare a pensare realisticamente in grande. La buona notizia, però, è che dopo i disastri sportivi e non degli ultimi anni c’è, appunto, un progetto. Vero, concreto, magari non compatibile con le aspettative di chi è stato abituato ad alzare coppe come soprammobili, ma certamente ragionato e soprattutto sostenibile. 

Non sono ipocrita e confesso senza nessun pudore di aver provato – per usare un eufemismo – un pizzico di malinconia all’annuncio sbandierato dell’acquisto di questo Krunic, di cui onestamente ignoravo addirittura l’esistenza e di aver sorriso non poco nel percepire il rumore dei polpastrelli che scivolano sugli specchi di quei colleghi che di fronte alla perplessità del popolo milanista riguardo al primo, indecifrabile, acquisto, hanno provato in tutti i modi a farlo passare per un gran colpo in prospettiva. Mi auguro con tutto il cuore che abbiano ragione loro, sia chiaro. Certo è che il mio palato è ancora abituato a ben altri gusti. E non saranno  certo ucraini sconosciuti, ex promesse in cerca di riscatto, riserve di lusso dei top club o qualche ragazzone di belle speranze a farmi ritornare il sorriso. Però mi ripeto che devo sforzarmi e razionalizzare il più possibile, pensando, appunto, che c’è un progetto. Che tutto questo e tutto quello che succederà da qui alla fine del mercato ha un senso.

Perché, cari amici, l’impressione è che non ci siano altre strade percorribili. Dobbiamo fidarci, non abbiamo scelta. La medicina è questa, è certamente amara, ma quella bisogna assumere con fiducia per sperare di tornare, nel medio periodo, almeno simili a quelli che siamo stati. Perché a distruggere, come abbiamo potuto toccare con mano, ci va un attimo, ma a (ri)costruire, serve una vita. Quindi, ragazzi, animo. Accettiamo la realtà e facciamola nostra. Sosteniamo Marco Giampaolo e i giocatori che gli saranno messi a disposizione da Zvone Boban, Paolo Maldini e Frederic Massara. Consoliamoci con la convinzione che il fondo l’abbiamo già toccato, e che ora non si possa che risalire. 

No, cari lettori. Il mio non è ottuso e becero ottimismo. Ma è, almeno credo, l’unico stato mentale in cui è possibile, oggi, sostenere la nostra squadra. Il pessimismo cosmico, i giochi al massacro, i «tanto peggio tanto meglio», d’altronde, non portano da nessuna parte e non fanno altro che peggiorare le cose. 

E allora tanto vale crederci. Almeno sperare. Sforzarsi di compiere un atto di fede. E provare, tutti insieme, a dare una spinta a una squadra, ad una società e ad un ambiente che, forse mai come ora, ha bisogno di tutti coloro che le vogliono bene. 

Marco Traverso

Giornalista professionista, marketing & communication manager, social media manager, fotografo amatoriale, milanista, tonsore.