Milan: Pioli non è un problema…è il problema

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A volte ringrazio il nostro calendario della programmazione interno perchè se avessi scritto subito dopo il derby di sabato, probabilmente sarei stato denunciato e mi sarei dovuto difendere davanti ad un giudice. Inutile dire che la rabbia e la delusione hanno toccato apici pericolosi anche per la scala Mercalli, soprattutto perchè, per chi vive a Milano come me, il derby non ha solo un significato sportivo ma può diventare una guerra di religione, logorante e pesante. Sicuramente da un allenatore interista, per di più scarso come pochi nel suo lavoro, non avremmo dovuto attenderci molto di più ma ricadere negli stessi errori, ribadire le stesse minchiate e rivendicare orgogliosamente un riconoscimento al suo lavoro è stato il classico gocciolone che ha fatto tracimare il vaso.

È arcinoto che, per me, questo individuo doveva abbandonare la nostra società dalla sera del 21 maggio del 2021 quando portò la squadra in Champions League non per meriti suoi ma solo per un unione di intenti all’interno della squadra e dalla presenza fondamentale di Ibra che faceva da motivatore. Ricordo anche  che quell’anno ci fece perdere 2 derby su 3 giocati, uno 3-0 con gol di Martinez al 5’ minuto, giusto per stare in tema di tracolli. Quindi, quando si parla di critica feroce all’allenatore, a me non si può dire proprio nulla, questo io l’ho sempre criticato e sempre lo criticherò fino a quando vesitrà questa maglia che neppure gli appartiene. Lo scudetto vinto, ormai è palese ed innegabile, è arrivato grazie ad Ibra e grazie a Maldini e Massara che l’hanno messo sotto tutela nel momento caldo della stagione. Altrimenti staremmo parlando di un’altra storia e di un’altra figuraccia contro l’inter. Pertanto, non uno ma centomila #Pioliout da parte mia.

E’ un terzino destro e anche non fortissimo

Non sto a fare l’elenco dei derby e degli episodi all’interno delle partite stesse che hanno causato i tracolli delle ultime stracittadine, perchè ormai si è capito. Nemmeno sto ad appendermi alle scuse non scuse da fare ai tifosi, perchè qualifica esattamente la mentalità di Trentadenari. Rivendica uno spazio nella storia che non gli sarà mai dato perchè non è Ancelotti, non è Capello ma non è tanto meno Zaccherroni, è uno di passaggio che sarà ricordato per queste inutili prestazioni contro i rivali cittadini. La cosa che più mi ha debilitato mentalmente è avvenuta prima del derby, pochi minuti prima per essere precisi. Su DAZN passano le interviste di alcuni giocatori, arriva il turno di Bastoni che a domanda su come affrontare questo Milan, quasi con un sorriso soddisfatto risponde candidamente che hanno già visto come fare con la Fiorentina, che portava i terzini dentro e lasciava qualche spazio per inserirsi. Sappiamo come fare il nostro per metterli in difficoltà. Game, set and match. Ancora prima del fischio d’inizio. In quel preciso momento, ho capito che non ci sarebbe stata nessuna possibilità di vittoria, perchè loro avevano preparato la partita sulle nostre debolezze, ancora una volta. Mentre noi, non avremmo cambiato minimamente atteggiamento con la presenza di Kjaer. Game, set and match.

Chi oggi difende Trentadenari lo fa solo per interesse. Tolta una parte della fanfara condotta dal muezzin, il resto è solo un’opinione pubblica non milanista. Lo difende perchè sa che più avremo uno così in panchina e più saremo innocui ma non solo nei derby ma in generale. Perchè a chi, sabato sera, ha iniziato a dire che il problema del Milan sono i derby, ricordo sommessamente che per questo allenatore i problemi ci sono anche con lo Spezia, con la Fiorentina, con la Cremonese e con l’Udinese, giusto per citarne alcuni. Visto, soprattutto il filo conduttore delle imbarcate prese dalle squadre citate o dall’impotenza assoluta dimostrata più volte con squadre come i grigiorossi attrezzati per non farti giocare. Insomma la storicità e la periodicità di queste sconfitte, non possono essere escluse dal giudizio (negativo) di questo allenatore che ribadisco, è recidivo ma a questo punto sorge il sospetto che sia anche impreparato.

Il nostro schema d’attacco

Il risultato con il Newcastle, derubricato a passaggio a vuoto degli attaccanti, se ha una parte vera sulla marea di occasioni non concretizzate va però vista come una sterilità offensiva figlia della totale assenza di schemi d’attacco volti a fare male all’avversario. Gli unici schemi conosciuti sono, palla a Leao e preghiera annessa, oppure palla a Pulisic/Chukwu e preghiera annessa. Per tanto tempo abbiamo visto partite nelle quali è bastato bloccarci le ali e non siamo stati in grado di fare male all’avversario ma con la costante assurda di portare i due centrali ad attaccare gli avversari fino al centrocampo per poi lasciare le voragini nella nostra metà campo. Senza commentare lo stucchevole movimento del terzino in mezzo al campo che puoi farlo una volta ma non puo e non deve essere la costante. Infatti, quando poi ti preparano la partita addosso, lì trovano spazio e modo per farti malissimo. Il Newcastle, come molte delle avversarie affrontate in questi anni, non ha fatto che difendersi con raziocinio e senza andare in affanno e nel panico e ancora un pò faceva il colpaccio all’ultimo secondo, come abbiamo visto fare anche ad altri club contro di noi.

Infine per chiudere un post che non dice e mette nulla di nuovo sul tavolo, c’è un tema che dovrebbe già da solo dare una sveglia importante alla dirigenza. Ovvero, il problema della testa di questa squadra. Mi sembra chiaro che la squadra ha problemi giganteschi nell’affrontare l’inter ma ha ancora problemi ben più grossi a divertirsi e a giocare con la mente sgombra. Rimbecilliti da libri di schemi che ormai venderanno in 30 volumi come la Treccani, i giocatori sono più propensi a correre dietro agli avversari che impostare un gioco efficace. Sono contratti, bolliti a livello cerebrale perchè gli vengono chieste mille cose (inutili) mentre basterebbe dare loro dei compiti semplici e precisi che risulterebbero anche efficaci. Quando c’è stato il commissariamento della panchina, nella corsa che ha portato allo scudetto, la squadra faceva le cose semplici, si divertiva e aveva la consapevolezza mentale di essere forte. Perchè? Perchè sapeva che era strutturata per non prendere gol del semplici ma che soprattutto aveva la forza mentale di non farsi prendere dall’ansia e dal panico. Oggi tutto è stato cancellato dalla follia di Trentadenari, che vinto lo scudetto (non per merito suo), già l’anno scorso ha deciso di dimostrare che il “suo” gioco fosse la chiave per vincere e ha messo alla mercè degli avversari, prima i trequartisti, poi i centrocampisti e poi i difensori centrali. Vi ricordate i commenti su Kalulu, su Tomori, improvvisamente imborcchiti da una stagione all’altra? Arrivo a dire un CDK che non sapeva letteralmente che fare con la palla. Oggi una volta Thiaw, una volta kjaer, una volta Reijnders, li ha messi tutti nella difficoltà di giocare in un modo folle.

La responsabilità di questo scempio e dell’umore pessimo del tifoso rossonero è anche della società che ha voluto confermare e responsabilizzare questo personaggio. L’unica consolazione è questa, ovvero che avendogli dato la responsabilità, pagherà come altri prima di lui, sarà troppo tardi ma non scopriamo ora che il successo sportivo, per la società, non è l’unica cosa che conta.

FORZA MILAN

Johnson

"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.