Ritratti – I Gunnar (Nordhal e Gren)

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Chi è causa del suo mal… – Nel 1949 gli italiani sono ancora impegnati a rimuovere le macerie di una guerra semplicemente disastrosa. Piangono ancora i loro morti ma, come spesso accade alla fine di un conflitto sanguinoso, sono vivi e vitali. Certo, alcune cose non cambiano mai. Gli abitanti dello stivale sono incazzati ed incazzosi; pochi mesi prima sono arrivati ad un passo dalla guerra civile ma la magia di Gino Bartali sul Col d’Izoard spinge a rimettere i fucili negli armadi e l’attacco sul Galibier ferma la guerra tra fratelli. Certo, alcune cose non cambiano mai. Alle olimpiadi del 1948, che in questa storia torneranno ancora, il Milan si innamora calcisticamente di un giocatore danese, tal Ploeger, che ha fatto un gol alla nazionale olimpica azzurra. Il segretario del Milan, il giocatore ed il suo avvocato salgono sul treno che da Parigi va a Milano per chiudere il contratto ma a Domodossola trovano il capitano della Danimarca, che già sta nella “gobba” ed un esponente della società. Con la Classe che li ha sempre contraddistinti si prendono il ragazzo e lo fanno firmare per quelli con la maglia dei carcerati. Gianni Agnelli, allora alla guida della società bianconera “concede” al Milan di poter trattare un altro giocatore visto alle olimpiadi, il centravanti della nazionale svedese. Certo, alcune cose non cambiano mai. La stampa italiana dipinge questo come un gesto di signorilità e non quello di prima un sopruso ma, anche a distanza di settanta anni, la cosa non ci sorprende affatto.

… pianga sé stesso – E così, nel gennaio del 1949, arriva a Milano Nils Gunnar Nordhal ventottenne centravanti del IFK Norrkoping. È il 22 gennaio ed alla Stazione Centrale del capoluogo lombardo ci sono duemila persone ad aspettarlo (certo, alcune cose non cambiano mai come la passione dei tifosi rossoneri) e già il 27 lo mandano in campo nel recupero con la Pro Patria. Gol. Nella prima mezza stagione con la nostra maglia gioca quindici partite e va a segno sedici volte. Il Milan viene da anni di mediocrità calcistica ed in quella stagione getta i semi per tornare ad essere una grande squadra. Vengono nuovamente acquistati dei calciatori stranieri, grandi giocatori italiani e, nella stagione successiva, il mago ungherese della panchina Lajos Czeizer che allenava in Svezia. Per la precisione l’IFK Norrkoeping. Aspettate un attimo che controllo dove giocava Nordhal… Esatto! Era il suo allenatore nella stagione precente.

Immagina. Puoi. – Immaginate il centravanti del Milan. Immaginate che sia il centravanti più forte del mondo. È un parallelepipedo di muscoli alto centoottanta centimetri per novanta chili di peso, calcia indifferentemente di destro e di sinistro, segna valanghe di gol. Immaginate anche che sia una persona gentile a modo ed educata oltre che piuttosto sveglio calcisticamente parlando. A uno così è difficile non volere bene ed è anche complesso non dare retta. Immaginate che a Milano si senta mediamente solo (gli svedesi li trova, forse, al consolato) ed abbia capito che, nonostante tutto, da quella storia ci può ricavare qualcosa di buono. A me piace immaginare la scena più o meno così: interno stanza soleggiata in Svezia, il “pompiere” è seduto di fronte ad un ragazzone alto e magro e sta bevendo un bicchiere d’acqua. Il lungagnone scuote la testa ma il “bisonte” continua imperterrito: “Nils, credimi. Si mangia da dio, pagano puntuali, il paese è in crescita, la società è ambiziosa e le donne sono bellissime…”. Liddas è scettico: “Hai detto che hai già chiamato il Mister?”. Gunnar sorride e cala l’asso: “Sì. E anche il “professore…”. Nils alza la testa di scatto e sorride: “Va bene. Ma solo un anno e poi torno!”

la storia, i brividi

Con quattro assi in mano – Immaginate che il centravanti più forte del mondo vada in società con una mano da quattro assi. Lo sforzo di fantasia è un po’ più basso perché pare che questa sia successa veramente. “Scusate, in Svezia ci sono due miei amici che potrebbero essere utili…”. Che fai? Ha appena segnato sedici gol in quindici partite, non gli dai retta? Ecco magari sul nome di Gren un minimo di tentennamento ci deve essere stato. È praticamente trentenne, piccolino e pelato ma il pompierone garantisce: “Ragazzi, questo mi manda in porta tutte le volte che vuole…”. Lo sa per esperienza personale perché in nazionale svedese è successo per davvero. “Cosa abbiamo da perdere?” Devono essersi detto Trabattoni (il presidente) e Busini (il direttore tecnico). Ha ragione il pompiere (a proposito, lo chiamavano così perché, come avrebbe detto il grande Enzo Jannacci, l’era il sò mestè) perché l’anno successivo i rossoneri arrivano secondi e nella stagione ‘50-’51 vincono lo scudetto e la Coppa Latina che è la coppa dei campioni prima della coppa dei campioni.

I pionieri di un’epoca – Il calcio italiano ha appena perso la prima delle sue grandi squadre nello schianto sulla collina di Soperga. In quel disastro potrebbe morire tutto il calcio italiano già abbondantemente provato dalla guerra ma, proprio nello spazio lasciato da un gruppo di calciatori splendido si inserisce il trio svedese, il Gre-No-Li. Perché, se è vero che Gren con il Milan gioca “solo” quattro stagioni vincendo uno scudetto ed una Coppa Latina, Nordhal lascia un segno indelebile nella storia rossonera inferiore solo a quella di Liedholm. Due scudetti, due Coppa Latina, 5 titoli di capocannoniere (di cui tre consecutivi) e quello di migliore marcatore della storia rossonera con 221 gol in 268 partite. Ci sono voluti sessantasei anni perché qualcuno battesse il suo record di gol in una stagione perché fino ad Higuain nessuno ci era arrivato nemmeno vicino. Il “barone” cuciva il gioco, il “professore” disegnava calcio ed il “pompierone” buttava la palla in porta mettendo un punto (di solito esclamativo) sui loro endecasillabi calcistici. Immaginate due mezzali di talento e classe ed un centravanti strapotente che segna valanghe di gol. Non si vedrà nulla di simile nel calcio mondiale fino a (ma guarda…) quando, sempre con la nostra maglia, arriveranno i tre olandesi.
Il Gre-no-li, senza mai dimenticare l’apporto del Mister magiaro sulla panchina, segna la storia calcistica di questo paese. Il bel gioco offensivo è la cifra stilistica di questo gruppo formidabile che mette la firma (insieme o separatamente) su quattro scudetti e due coppe internazionali e prepara la squadra al Milan di Rocco che segnerà gli anni sessanta come quello di Liedholm aveva segnato gli anni cinquanta.

Troppe storie – Ce ne sarebbero un sacco da raccontare su quel terzetto di campioni svedese che si è portato a casa anche un oro olimpico e che si è arreso nel mondiale casalingo del ’58 solo a Sua Maestà Edson Arantes Do Nasimiento ed ai suoi formidabili compagni: Didì, Vavà, Zagallo, Dino Sani, Josè Altafini, Djalma Santos, Nilton Santos, Garrincha. Nordhal non era in campo in quel mondiale, chissà… Troppe sarebbero le storie da raccontare, troppi gli aneddoti. Sapevate che Gren è stato anche allenatore del Milan? Nel corso della Coppa Latina del ‘53 gli venne affidato l’incarico di allenatore/giocatore, si mandò in campo e portò la squadra alla finale, poi persa, del torneo. Sapete che fu anche Direttore Tecnico della Juve? Sapete che fuori dallo stadio Ullevi c’è una statua del “professore”?
Sapete che durante una partita con il Palermo Nordhal tirò così forte che dovettero sospendere la partita perché il pallone era rimasto incastrato tra il palo e la traversa e dovettero entrare in campo gli inservienti per recuperarlo? Sapete che i nostri vecchi giuravano di avergli visto fare un gol con due difensori aggrappati ai calzoncini?

Non abbiamo il tempo e lo spazio necessari. Se non per scrivere nel nostro cuore il nome di un terzetto che ha segnato la nostra storia. Nella hall of fame della storia rossonera c’è spazio per tre sillabe: “Gre-No-Li”

Per sempre.

Pier

La prima volta che sono entrato a San Siro il Milan vinceva il suo decimo scudetto. Ai miei occhi di bambino con la mano nella mano di suo nonno quello era il paradiso. Migliaia di persone in delirio, i colori accesi di una maglia meravigliosa e di un campo verde come gli smeraldi. I miei occhi sulla curva e quello striscione "Fossa dei leoni" che diceva al mondo come noi eravamo diversi dagli altri, leoni in un mondo di pecore. Da allora ogni volta, fosse allo stadio, con la radiolina incollata all'orecchio o davanti alla televisione la magia è stata sempre la stessa.