I dolori del giovane Werther

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I dolori del giovane Werther non sono nulla di fronte ai miei. Chissà cosa avrebbe scritto Goethe, se fosse stato milanista. Che poi, caro Werther, invece di morire dietro alla tua Lotte e di arrivare ad ucciderti per lei, avresti potuto trovartene un’altra. Io, invece, non ho scampo. Lo sanno tutti che si può cambiare marito, religione, partito politico. Ma la squadra di calcio no. Quella non si cambia. Ti accompagna dalla culla alla tomba. E’ pur vero che della partita con i Gobbi ho visto solo lo scorcio finale, causa un invito a cena cui ha aderito anche il mio piccolo mostro juventino. Sai, una, sempre bastonata da avversi destini calcistici, si deve pur divagare. Avresti dovuto farlo anche tu, giovane Werther. Però, maledizione al secchio, sono rientrata proprio sull’espulsione di Theo. Giusto per imprecare. La gioia per l’uno a zero così mi è rimasta in gola. E le geremiadi si sono moltiplicate, venendo a sapere delle ammonizioni a Ibra e Casti, che salteranno il ritorno. Il secondo giallo a Theo ci stava. Quello che infastidisce, comunque, è una maledetta costante. Cioè la gestione dei cartellini nei confronti dei nostri ragazzi, che saranno pure troppo nervosi, per carità. Però, se ti fischiano falli che non hai commesso, non te ne danno di chiari a favore o addirittura li invertono. Se sono prodighi nel sanzionare te con i gialli e parchi, invece, con gli avversari, un gesto di stizza può scappare, senza che l’uomo nero ti sventoli con sicumera il cartellino. Con noi sono inflessibili e teatrali. Con gli altri molto meno. E questo dà fastidio. Abbiamo un parterre di dirigenti da paura. Ormai non riesco neanche più a contarli. Sono più numerosi dei giocatori. I due principali rimangono per lo più silenti. Io gradirei, ormai sono stufa di dirlo, che Boban o Maldini facessero presente con decisione un concetto semplice e chiaro. Siamo stanchi di conduzioni arbitrali discutibili nelle piccole grandi cose che orientano una partita. Tant’è. Il rigore finale, pur se non netto come quello di Alex Sandro l’anno scorso, ci poteva stare. Calabria, anche se girato di schiena, aveva il braccio staccato dal corpo. Ma che senso ha il giallo, di grazia? Sono le nuove regole, bellezza? Bah!

Chapeau, Ante.

Va bene. Rebic ancora in gol. Chapeau, Ante. Siamo stati raggiunti su rigore nel finale, dopo essere rimasti in dieci. Qualificazione compromessa anche a causa delle assenze che ci saranno a Torino. Sarebbe stato stato così pure se avessimo tenuto l’uno a zero. Ma non è questo che mi rode. I dolori della vecchia Chiara vertono ancora su quel maledetto secondo tempo del derby. L’avessimo giocato come contro i Gobbi, probabilmente ora saremmo molto più felici. Certo che gli Orrendi li abbiamo fatti stancare, eh! Il Napoli ci dovrebbe ringraziare. Cosa interessa a me della tua insulsetta Lotte, giovane Werther? Che poi, sei anche pesantuccio con le tue epistole. Sarai pure il simbolo del movimento Sturm und Drang. Ma io non riuscivo a finire di leggerti. Altro che Sturm e Drang, cioè tempesta e impeto. A me è piaciuto di più lo “ Strunz” del Trap… E non voglio parlare della tua responsabilità per aver ispirato pure “ Le ultime lettere di Jacopo Ortis”. Nè tu né Jacopo, sopraffatti dai vostri dolori, lo sapete, ma ho dovuto subire di tutto a causa del maledetto derby. La serpe che mi sono allevata in seno, per esempio, mi ha detto. “ Mamma, per colpa vostra, ho peccato e adesso mi devo confessare. Ho esultato più sul gol di Ibra che su quello di Ronaldo. Praticamente un sacrilegio. E per di più inutile. Voi, infami, ne avete poi presi quattro.” Che dire alla creatura così mal allevata? Qualche ragione ce l’ha, eh! Mica si è comportata bene ieri sera, la maledetta. Ma francamente me ne frega ben poco. E’ per il derby che non riesco proprio a darmi pace. Potevamo scucirgli lo scudetto. Gli abbiamo, invece, dato una carica incredibile, regalandogli il profumo dell’impresa. Sono costernata. Non si può perdere così. E ’l modo ancor m’offende. Mannaggia…. I dolori del giovane Werther, rispetto ai miei, sono poca cosa.

Ciao, Marco.

Inutile piangere sul latte versato. Qui bisogna tifare Lazio e battere il Torino. Il 3-5-2 non lo vedrò mai. Amen. Ivan, mi stai simpatico come una scheggia sotto l’unghia. Scusa, Elliott. Hai partecipazioni in migliaia di aziende. Possibile non trovarne alcune che ci facciano da sponsor? Per un salto di qualità, occorre aumentare il fatturato, che da noi, caso praticamente unico al mondo, è fermo ai valori di 20 anni fa. Per farlo, ci sono le due strade percorse dagli Orrendi. Sponsorizzazioni che, se non sono esterne alla proprietà, possono, comunque, incidere sul 30% del fatturato e plusvalenze farlocche. Anche i Gobbi ne sanno più di qualcosa. Certo, poi ci vuole la competenza tecnica e gestionale. Lazio e Napoli docent. Vendendo male i migliori, non si va da nessuna parte. E’ come il discorso del rapporto deficit – Pil. Lo devi ridurre, aumentando il denominatore. Supponiamo, per esempio, che sia 2 a 1. Se diminuisci di 0,5 il numeratore, il rapporto diventa uguale a 1,5. Se aumenti dello stesso 0,5 il denominatore, il rapporto scende a 1,3. Senza contare che, tagliandondo gli investimenti, in realtà, fai decrescere pure il Pil. E così è per noi. Depauperando la rosa, per rientrare nei paletti del fair play finanziario, ci imbarchiamo in un circolo vizioso dal quale non usciremo più. A minori risultati sportivi corrispondono minori introiti. Non occorre un genio, per capirlo. Scusa, Singer, ti pare che il Milan, con il suo brand e il suo bacino d’utenza, non meriti di essere rilanciato anche per un mero discorso economico? Siamo sicuri che la pantomima della “vendita”, iniziata con zio Yongho, sia davvero conclusa? La certezza la potremo avere solo con l’arrivo di una nuova proprietà, presente e attiva, interessata ai destini del club. Già, ma quando?

Non voglio farmi il sangue cattivo proprio oggi che è S. Valentino. Al diavolo i dolori del giovane Werther e pure i miei. Tanti auguri a tutti gli innamorati. Passate una felice serata con la persona che amate. Io uscirò con il mio Orrendo. Meno male che la rabbia schiumante dell’immediato post derby si è trasformata in una malinconica risacca. Altrimenti sai che lampi e che scoppi. Sarà pace la sera, come piace a Pascoli. Tanti auguri agli innamorati del Milan. Me ne viene in mente uno che non c’è più. Se ne andò proprio per S. Valentino. Il mio pensiero corre commosso a te, Marco. Ti vedo pedalare, libero e felice, nelle azzurre praterie del cielo. Le nostre bandiere torneranno a sventolare, pirata. E tu sarai nel vento che le agita. Ciao, Marco.

Chiara

Se risalgo il lungo fiume della mia vita fino alle sorgenti, ci trovo sempre il Milan. Il primo? Quello di Rocco e del giovane Rivera. Molti sono meteoropatici. Io sono Milanpatica.Vivo le gioie e i dolori con la stessa dirompente intensità. Perdutamente innamorata di questi colori, non credo che l’amore sia quieta e serena accettazione. Se mi sento tradita, esplodo! E sono parole di fuoco! Ma poi, nonostante i miei fieri propositi, mi ritrovo sempre lì, immersa in un luogo dell’anima chiamato Milan.