Il futuro si decide adesso.

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Siamo al dunque. Milan-Frosinone e Juventus-Atalanta sono le due partite che con tutta probabilità decideranno la lotta Champions. Dando per scontato che i ragazzi di Gattuso superino agevolmente l’ostacolo, resta da capire fino a che punto i bianconeri vorranno onorare un campionato già caratterizzato da troppe anomalie, prima fra tutte proprio la precoce vittoria dello scudetto da parte dei bianconeri. Se poi aggiungiamo che, storicamente, i rapporti tra Juventus e Dea sono sempre stati idilliaci qualche brutto pensiero può anche venire in mente. Ma a me piace credere che lo sport abbia ancora un valore e soprattutto mi piace sperare che la Juve giochi una partita vera e al proprio livello. Ingenuo ottimismo? Non proprio, però sicuramente un pelo di irrazionalità, considerando l’ambiente, nel mio ragionamento c’è. E poi c’è l’incognita Allegri, che ha appena annunciato il suo addio. Come reagirà la squadra? Cristiano Ronaldo avrebbe detto che domenica la squadra giocherà per lui. Speriamo proprio… 

E’ inutile negare che se, per miracolo, i rossoneri dovessero davvero prendere l’ultimo treno per la coppa con le orecchie cambierebbe molto. Non tutto, forse, ma parecchio. Innanzi tutto risalirebbero immediatamente le quotazioni di Gennaro Gattuso, sorprendente fino al derby e incomprensibilmente involuto nei mesi successivi alla debacle nella stracittadina. Cambierebbe anche il volto del mercato, che alla luce dei nuovi introiti potrebbe assumere un rilievo maggiore di quanto dichiarato, mettendo le mani avanti con largo anticipo, dai vertici societari. E poi, importantissimo, il Milan tornerebbe finalmente nel calcio d’élite, anche se magari da comprimario, attirando però certamente magari maggiori interessi da parte di sponsor e potenziali nuovi investitori. Se invece, come molti paventano, dalla partita di Torino ci scappasse il pareggino (mi scuserete per la rima) allora torneremmo punto e a capo, con tutte le incognite del caso, prima fra tutte la scelta del probabile nuovo tecnico, che ha tenuto ampiamente banco in questi ultimi giorni su principali media.

Su questo tema tengo a ribadire la mia, ben consapevole di non incontrare il favore di tanti di voi affezionatissimi frequentatori del blog, ma anche di molti amici che sul blog ci scrivono regolarmente e con i quali, su questo tema, mi scontro simpaticamente da sempre. L’avrò già scritto 200 volte, ma voglio ripetermi: a mio giudizio l’allenatore, nel calcio di alto livello, conta poco, se non pochissimo. Nulla a che vedere con il peso di un coach di basket, di volley o di football americano, tanto per citare altri sport di squadra. L’allenatore di calcio però deve saper fare bene tre cose: gestire lo spogliatoio, evitando personalismi e fazioni, motivare i giocatori che la società gli mette a disposizione, facendoli rendere più del loro reale valore, e scegliere chi far scendere in campo in base allo stato di forma. In questo contesto il tecnico deve godere del più totale e incondizionata fiducia della società, che quando viene a mancare crea inevitabilmente effetti deleteri all’interno del gruppo. Esistono, ovviamente, alcune eccezioni. Persone speciali, che fanno davvero la differenza, che cambiano davvero il volto di una squadra di alto livello. Ma si tratta di allenatori che si contano sulle dita di una mano monca e che, purtroppo, il Milan di oggi – e forse in generale il calcio italiano – non può permettersi nemmeno di avvicinare. Quindi, per dirla in poche righe, mi fanno sorridere le polemiche e i timori dei tanti che hanno letto degli interessamenti per i Sarri o per i Di Francesco. Entrambi accomunati da una caratteristica simile: hanno fatto molto bene in società di piccolo cabotaggio come Empoli e Sassuolo, mentre han fatto meno bene in piazze importanti, dove non devi gestire Berardi, ma Dzeko, tanto per capirci. 

Astraendomi da qualsiasi partigianeria ribadisco che Rino Gattuso sarebbe forse stato e forse potrebbe essere l’allenatore perfetto per questo Milan, non avesse mostrato, negli ultimi tempi, limiti caratteriali piuttosto evidenti, soprattutto quando le cose hanno iniziato a girare nel verso sbagliato. Saper gestire le crisi è caratteristica dei leader. Ma, ciò ammesso, non mi preoccupo del nome che siederà sulla panchina rossonera il prossimo anno, chiunque esso sia. La mia attenzione è invece su chi scenderà in campo e su quali rinforzi la società riuscirà a portare a casa nel mercato estivo. Perché il Milan di quest’anno non è stato, tutto sommato, un brutto Milan. Il paziente, dopo anni di malattia, ha finalmente mostrato tangibili e solidi segnali di ripresa. Per tornare a giocare per gli obiettivi che contano però, servono ancora sforzi, e non pochi. La proprietà avrà la volontà di farli? E, fatto non incidentale, ne avrà la possibilità? 

Il futuro non può che passare esclusivamente dalla risposta a queste due domande. E, ovviamente, dai risultati di domani.

Marco Traverso

Giornalista professionista, marketing & communication manager, social media manager, fotografo amatoriale, milanista, tonsore.