1 dicembre 1985, giornata un po’ uggiosa ma questo non m’impedisce di andare al campetto per giocare a pallone in quelle poche ore di luce invernali. Eh all’epoca eravamo fortunati c’erano ancora i campetti. Chi era privilegiato lo aveva in erba con due porte regolari, chi era più “sfortunato” come noi lo aveva di terra e tutto spelacchiato con due bastoni piantati nella terra per fare la porta. Ma la cosa più importante oltre al pallone era avere con noi la radio, rigorosamente posizionata dietro la porta con qualche giaccone per proteggerla dalla palla. Ovviamente serviva per ascoltare Tutto il calcio minuto per minuto ed ogni volta che si sentiva “scusa intervengo da…” ci si fermava in religioso silenzio per capire da che stadio arrivava la voce.
Quel pomeriggio del 1 dicembre 1985 si gioca il derby di Milano, partita sempre molto sentita. Io da gran romantico in quella estate del 1985 sognavo i gol di Rossi (auguri di buon compleanno in ritardo Pablito, lunedì era il tuo compleanno), Hateley e Virdis. Ma purtroppo loro tre assieme hanno giocato molto poco.
Non facciamo nemmeno in tempo ad iniziare a fare le squadre e a giocare che subito dalla radio irrompe San Siro con il suo boato, quel giorno l’Harlock bambino aveva deciso di giocare in difesa, non per emulare il Capitano, ma per stare vicino alla radio, subito non curante della mia partita corro verso la radio e quando dicono che il Milan è passato in vantaggio urlo a gran voce ai miei compagni di fede “abbiamo segnato, siamo in vantaggio, ha segnato Paolo Rossi”. Tutti esultiamo senza freni. Paolo Rossi, l’eroe del Mundial spagnolo ha segnato nel derby con la sacra maglia rossonera con il numero dieci sulle spalle. Il numero dei grandi giocatori.
Purtroppo il resto della partita di San Siro è un monologo dell’Inter che riesce a ribaltare la situazione ed andare in vantaggio per 2-1 con Altobelli ed un rigore di Brady.
Io continuo a soffrire, nel frattempo noi rossoneri abbiamo smesso di giocare, tutti accovacciati vicino alla radio, è un assedio neroazzurro, l’Inter può dilagare. Ma la speranza non ci lascia, le nostri menti e i nostri cuori sono risucchiati dentro la radio ad immaginare attraverso le parole dei radiocronisti cosa sta succedendo a San Siro. Poi ad un certo punto succede questo “Scusa intervengo da San Siro…” il tempo sembra essersi fermato il radiocronista non parla poi finalmente dice “Il Milan ha pareggiato con un gol di Paolo Rossi” ed io non sto più nella pelle inizio a urlare la mia gioia e a sventolare la mia sciarpa rossonera, non serve più a coprire le mie orecchie ma quelle di qualcun altro.
Vi ho voluto far partecipi di questo mio racconto infantile, all’epoca avevo 11 anni, per farvi capire le mie emozioni dell’altra sera. Ho scelto il ricordo di Pablito, ma avrei potuto raccontare quello di Mark visto che il gol di Gabbia lo ricorda molto nella dinamica, stessa porta tra l’altro e Harlock quel giorno era allo stadio con papà. Domenica sera sono tornato ad emozionarmi come non capitava da tempo, forse dal gol di Tonali a Roma con la Lazio. Io ho sempre imputato a questa società il fatto di avermi tolto queste emozioni rendendo tutto privo di emozioni, ma solo business e numeri. Invece il calcio è questo, sapersi emozionare.
Domenica sera ha vinto il Milan che abbiamo sempre sognato, un Milan umile, operaio ma determinato e alla fine ha dominato la partita. Ed è ritornato a vincere il derby dopo due anni esatti, tra l’altro ultima mia partita a San Siro.
In questo derby c’è molto del Mister, perché ha rischiato, era una partita senza ritorno ed in caso di sconfitta a quest’ora molto probabilmente non sarebbe più l’allenatore del Milan. Ma ha vinto con le sue idee, e forse non è così sprovveduto come sembra. Quado ho visto la formazione mi si è gelato il sangue, ma la squadra ha giocato con umiltà.
Sono sincero, io non sono mai stato arrabbiato con Fonseca, ma con una società che fa di tutto per non vincere e il povero mister è stato abbandonato subito, e il linciaggio mediatico a quale è stato sottoposto nell’ultima settimana senza che nessun dirigente intervenisse è al quanto scandaloso. Non ho mai visto una società lasciare alla deriva allenatore e giocatori come questa, situazione descritta molto bene da Johnson in un video che trovate nel canale Youtube di MilanNight (A proposito iscrivetevi per non perdere i contenuti dei ragazzi, ne vale la pena. Sotto all’articolo trovate tutti i riferimenti per dove trovarci).
Ecco su questo io li condanno e li attaccherò sempre. Perché quello che ho vissuto domenica sera è il calcio, non un algoritmo, un moneyball o buffonate del genere. Il calcio, il Milan è fatto per emozionarsi, nella buona e nella cattiva sorte. E augurarsi di perdere il derby perché così il mister veniva allontanato lo trovo squallido. Anche io attacco la società, ma poi quando scende in campo il Milan si tifa a favore mai contro.
“Da bambino, per Natale, i miei genitori mi regalarono la maglia di Sheva. La indossavo sempre, senza lavarla mai. I bambino di solito chiedono giocattoli. Io volevo soltanto la maglia del Milan” (Matteo Gabbia)
Matteo Gabbia a gennaio di quest’anno è tornato al Milan, dal prestito spagnolo, con l’etichetta del brutto anatroccolo tra sorrisini ironici, dall’anno scorso non ha sbagliato una partita quando è stato chiamato in causa, ma quello che conta è l’attaccamento e l’amore verso la nostra maglia che nelle ultime stagioni sta diventando sempre più cosa rara. Se poi, oltre ad essere un ottimo giocatore, a mio avviso in questo Milan deve essere titolare con Pavlovic affianco a Lui perché Tomori gran atleta ma giocare a calcio è altra cosa, ti segna il gol vittoria all’ultimo minuto del derby avrà la mia gratitudine eterna. Perché Matteo è un figlio nostro, un ragazzo che proviene dalle nostre giovanili.
Ora il passo successivo è continuare su questa falsa riga, cercare di fare gruppo con il Mister, isolandosi da una società che non ha competenza ma tanta arroganza e continuare a giocare così. Già domenica sera con il Lecce è un bel banco di prova. E giocare con i salentini non è mai semplice.
Dicevo Gabbia uno di Noi, ma purtroppo i nostri dirigenti fanno di tutto per farti andare di traverso anche questa vittoria. Immagino che Lunedì in tanti di Voi hanno letto le dichiarazioni di Cardinale, e personalmente prendo atto che la sua visione di calcio è lontanissima dal mio modo di pensare e soprattutto culturale.
Pensare di organizzare la Serie A come una lega americana dove tutte le squadre bene o male collaborano per migliorare la propria associazione, qui non può funzionare.
Constato ancora una volta che il modo di pensare del Signor Cardinale è a più largo respiro anziché concentrarsi esclusivamente sul Milan. Parla più da presidente di lega che proprietario del Milan. Ma a mio avviso sbaglia due cose:
- Si dimentica di essere il proprietario del Milan e non il presidente della Lega serie A
- Il Modello americano qui, per cultura sportiva e modo d’intendere il risultato dello sport non può essere replicato. Come non si potrebbe esportare il modello europeo in America. Perché per noi il risultato è una cosa importante, con l’emozione che dà il risultato, che esso sia vittoria o sconfitta. Vincere un po’ tutti perché annoia non è cosa per noi. Io voglio che il Milan vinca, fin da bambino.
Chissà che prima o poi lo capisca, nel frattempo Noi pensiamo al Lecce con l’esempio di Gabbia, Uno di Noi, mentre Gerry non tanto.
Come sempre
W Milan
Harlock
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