Nuovo stadio, senza se e senza ma

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Mentre le squadre italiane in Champions League portano dei risultati importanti per il rilancio del nostro calcio a livello europeo, a febbraio, quasi marzo, del 2023, siamo ancora qui a dibattere e sognare la realizzazione di uno stadio, o di più stadi di proprietà in Italia. Un argomento tanto stucchevole quanto trito e ritrito che continua a portare a vicoli ciechi e angoli di pura burocrazia e politichese che ben poco hanno a che fare con il calcio giocato.

Notizia di questa settimana è che lo stadio di proprietà del nostro Milan potrebbe diventare (finalmente) un’opera fatta in autonomia senza trascinarci dietro coloro che fin dall’inizio hanno goduto della pochezza della politica milanese e lombarda, per trincerarsi dietro ad una impossibilità economica arcinota a tutti. Il sindaco Sala, da buon politico, fin dall’inizio ha giocato molto su due gradi fattori per gettare nebbia su questo progetto. Il primo l’accordo con il CIO per le Olimpiadi invernali del 2026, nelle quali San Siro dovrà ospitare la cerimonia di apertura, il secondo la sua conoscenza della mancanza di liquidi della proprietà neroazzurra che avrebbe, per così dire, insoddisfatto una parte della città e inimicato potenziali elettori. Alzi la mano chi ha mai pensato che il progetto di un nuovo stadio a Milano potesse includere un investimento di entrambi i club. Tutti sapevano che San Siro non poteva essere rimesso a posto, tutti sapevano che Suning non poteva prendersi in carico un nuovo stadio, nemmeno in comproprietà. Eppure tra storie di vincoli, progetti non consoni, volumetrie ecc ecc, gli anni sono passati e tutto è rimasto come il sindaco ha voluto. Ovvero, fermo.

L’attendismo, oltre ai due fattori precedenti, è dato anche da una chiara intenzione di prendere per sfinimento le proprietà e quindi obbligarle a scendere a miti consigli o, meglio ancora, ad emigrare fuori San Siro o fuori Milano. Se da un lato, più il tempo passa e più il rischio di spesa può essere procrastinato, dall’altra, dalla nostra parte, gli americani devono edificare. Il Milan è la chiave per l’edificazione, il vero investimento di questi fondi, dove si fanno i soldi veri, giusto per intenderci. Il calcio è un piccolo conto da pagare per avere introiti milionari con concessioni, edificazioni e tutto il contorno. Il Milan, che sia di Elliott, di Gerry o di tutti e due, fino a quando non avrà posato la prima pietra per la costruzione del nuovo stadio, sarà sempre in ostaggio del fantomatico “autofinanziamento”. Solo con lo stadio, se a Milano ancora meglio, il giocattolo sarà messo in vetrina con etichetta bella in vista da parecchi zeri e appetibile per chi i soldi li ha veramente e non li gestisce. Attenzione a questo punto. Avere soldi e gestire soldi altrui sono due cose molto diverse, per quello che non si può più, nel 2023, pensare che Gerry sia qui a fare il presidente anni 90 con il portafoglio sempre aperto per comprare e per ripianare. Gerry gestisce soldi non suoi, ai quali deve garantire introiti annuali, stop. Altrochè tesoretti e cazzate del genere.

Tornando allo stadio, la strada deve essere percorsa in autonomia, non ci sono alternative. Per avere tempi più brevi e certezze, ci si deve staccare dalle zavorre, ovvero sindaco di Milano e cuginastri. Con buona pace dei malinconici di San Siro che rimane un’opera unica e magnifica ma che o va raso al suolo o va abbandonato. Il romanticismo con il lato enomico del calcio non ci azzecca nulla. Business as usual. Anche perchè tutti questi fan di San Siro, sono gli stessi che ogni estate aspettano l’investimento a perdere della società ma che se non ha introiti extra, può ben poco. Inutile piangere sul potere di spesa della Premier se siamo ancora qui a parlare della storia dietro a San Siro, in Inghilterra hanno raso al suolo Wembley. Vogliamo rimanere nel Medioevo calcistico o vogliamo tornare ad essere competitivi?

Voi che ne pensate?

FORZA MILAN

Johnson

"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.