Lo stillicidio delle responsabilità. Sogno Ibra, appello alla ragione.

11698

In questa stagione oggettivamente disastrosa sotto il profilo dei risultati, il gioco preferito dei tifosi del Milan è quello di individuare il colpevole. Come se ce ne fosse uno e basta. Come se ci fosse una spina nel piede che, tolta quella, si torna a correre. Come se dieci anni di menefreghismi vari, errori politici e strategici, disimpegni, operazioni insensate, svendite, acquisti sbagliati, tre cambi di proprietà e quasi un allenatore all’anno non siano tutti puntini da unire e che, insieme, rivelano e fanno comprendere in quale condizione ci troviamo oggi e perché. In mano a un hedge fund (e chi non sa che cosa sia e quali regole deve tenere vada a fare una ricerca su Google) con una rosa discreta, ma lontana dai livelli delle migliori, un allenatore che va bene per una squadra di metà classifica e una dirigenza con tanta buona volontà, ma poca esperienza. Poi, uno se vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, può giustamente sostenere che lo scorso anno, con una rosa non rinforzata (perché i nuovi arrivati sono oggettivamente meglio di chi ci ha salutato) siamo arrivati a un punto dalla Champions League. Può notare che da quando è arrivato Pioli, al netto dei risultati, il piglio pare diverso. Può enfatizzare la prova di domenica sera, quando la squadra ha messo a tratti in difficoltà la corazzata Juventus, cedendo solo per un colpo di biliardo di uno che non è nemmeno un top player mondiale ma che noi, oggi, possiamo solo sognare. 

Si possono trovare cento e una nota positiva, certo. Ma la realtà racconta che dopo 12 giornate siamo a 4 punti dalla zona B e a meno undici da quella Champions, con meno punti di Verona, Udinese e Parma, tanto per dire. Un disastro, siamo tutti d’accordo. Però sappiamo anche (o meglio, ci hanno detto) che c’è un progetto. Un progetto che, ci hanno lasciato intendere, non si concretizzerà nel breve periodo, ma nel tempo e dovrà riportare il Milan al livello che merita. Dobbiamo crederci e sostenere la squadra? Io credo che non abbiamo alternative. Lo sfascismo, nelle condizioni di cui sopra, non porterebbe che altre macerie. Se bastasse contestare per tornare come eravamo un tempo sarei il primo a brandire fischietti e megafoni. Ma qui, purtroppo, urlare non serve a nulla. A New York, sede del fondo che detiene le quote della società, le urla non arrivano. Bisogna – si fa per dire ovviamente – sperare. Altrimenti tantovale fare come faccio io che – e lo ammetto candidamente – guardo ormai una partita su quattro, preferendo seguire altri sport, perché dieci anni così mi hanno logorato e hanno intaccato la mia passione per uno sport, il calcio, che se non fosse per il Milan non mi piace nemmeno così tanto.

Fanno tenerezza le speranze di quei tifosi che sperano di vedere ancora Zlatan Ibrahimovic con la maglia del Milan. Tenerezza e comprensione. Però bisogna aprire gli occhi ed evitare di farsi prendere per il naso. A gennaio, se esiste una logica, la proprietà dovrà rinforzare la squadra. Inserendo giocatori veri, gente di peso, in grado di spostare gli equilibri e di alzare il livello di una rosa che, evidentemente, non è competitiva. E chi può pensare davvero che un giocatore che va per i 39 anni possa davvero fare la differenza? Uno che, tra l’altro, non è noto per avere un carattere malleabile, uno che non scommetterei che sarebbe disposto a mettere da parte il suo ego per l’interesse della squadra. Magari mi sbaglio, ma non credo proprio. Ma davvero qualcuno pensa che se questo ex fuoriclasse, forse uno dei più grandi giocatori che abbia mai calcato un campo da pallone, alla soglia della quarantina potrebbe fare la differenza in Serie A? E considerate che mica arriverebbe gratis. Allora, invece di inseguire vecchie glorie, iniziamo a mettere la proprietà di fronte alle proprie responsabilità. I campioni del passato lasciamoli nelle stanze più belle della nostra memoria e della nostra storia. Pensiamo al presente e a chi davvero, oggi, potrebbe rappresentare un rinforzo anche in chiave futura, perché qui mancano 5-6 elementi in grado di far fare il salto di qualità. Non certo una ciliegina – seppur deliziosa – su una torta che, al momento, non c’è ancora. 

Marco Traverso

Giornalista professionista, marketing & communication manager, social media manager, fotografo amatoriale, milanista, tonsore.