Gattuso, il sottovalutato. Giampaolo tradito dal mercato, ma quelli bravi si adattano. Con il «modello Ribery» non si va da nessuna parte.

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L’attuale tecnico rossonero non ha avuto dal mercato gli elementi richiesti. Ma per dimostrare di essere da Milan deve adattarsi e valorizzare il materiale tecnico che ha a disposizione.

Cosa volete che vi scriva? Onestamente faccio fatica a capirci qualcosa io, figuriamoci se riuscirò a comunicare qualcosa di sensato. Qui la barca sta affondando, e pure male. E vi posso garantire che – seppur con tutte le incognite che avevo messo in conto sui nuovi arrivi e sul nuovo tecnico – non mi sarei mai aspettato un inizio così pietoso. La confusione nella mia testa è tanta, le idee si mescolano, i ragionamenti si schiantano contro la realtà. Ad oggi, attendendo Genova, credo di avere soltanto due certezze. Anzi, una e mezza. La prima è che – ed è oggettivo – occorre riconoscere che Gennaro Gattuso, che aveva a disposizione una rosa complessivamente meno competitiva di quella attuale, lo scorso anno ha fatto miracoli. Già, il Padre Pio rossonero era arrivato a un punto, un solo punto dalla Champions League. E in molti, me compreso, storcevano il naso per un gioco che era tutto fuorché brillante. Però i fatti confermano che quella squadra stava giocando al massimo delle sue potenzialità. La seconda, ma qui mi tengo ancora un 50 per cento di speranzosi dubbi, è che il mercato sia stato completamente sbagliato. Forse, con il senno di oggi, chi sottolineava che avevamo preso due giocatori che erano la spina dorsale di una squadra retrocessa, un giovane carneade portoghese di talento, un difensore di riserva semi sconosciuto e un terzino scartato dal Real tutti i torti non li aveva. Però voglio ancora aspettare prima di sentenziare. Aspettare e sperare che sia soltanto questione di tempo, di adattamento tardivo, di moduli. Sarà che in questi casi il tifoso oscura la lucidità del giornalista, ma una speranziella che non sia stato tutto sbagliato concedetemela ancora.

No, non scappo. E’ evidente che qualche lettera debba spenderla anche su Marco Giampaolo. Anche qui, ad oggi, la bocciatura dell’ex tecnico della Samp non può che essere netta. Confesso che non lo avevo mai seguito personalmente e che ne avevo sentito parlare molto bene in ambienti calcistici torinesi, dove era stato immaginato addirittura al posto di Massimiliano Allegri non quest’anno, ma qualche tempo fa, quando pareva che l’avventura del livornese fosse arrivata al capolinea. La faccio breve: Giampaolo ha un alibi, ma anche una grossa responsabilità. L’alibi è che le sue indicazioni di mercato non sono state realizzate. Lui aveva chiesto due centrocampisti, Torreira e Praet, un centrale (e quello è arrivato, ma forse non del livello richiesto) e soprattutto un trequartista. Non è arrivato nessuno dei nomi indicati, lui ha dovuto per forza evitare che venisse ceduto Suso e, per usare un eufemismo, ha dovuto ingoiare il rospo di una società che non lo ha accontentato, anche se non aveva chiesto la luna, per usare un eufemismo. D’altro canto però il tecnico ha una grande responsabilità: quella di non aver saputo adattarsi, almeno per ora, come i tecnici fanno quando si trovano a gestire squadre non esattamente tarate sulle proprie esigenze. Vedremo cosa succederà di qui in avanti. Per ora, ovviamente, il giudizio non è positivo, ma dobbiamo concedere anche a lui un pochino di tempo per rimediare ai propri errori. Un pochino però, perché se no poi i problemi potrebbero diventare ancora più seri. 

No, davvero. Lasciamo stare Frank Ribery. Ok l’applauso di San Siro per una carriera di tutto rispetto e per un campione di livello internazionale che in una Fiorentina di medio livello, in un campionato italiano di medio livello è ancora in grado di farsi notare in campo. Ma nessuno si azzardi a recriminare che l’idea di portarlo a finire presumibilmente la sua carriera in Italia l’ha avuta Commisso e non il Milan. Nella vita, ogni tanto, bisogna essere coerenti. Noi contestavamo il Milan dei senatori che a 33-34 anni si ostinavano a non volersene andare, ed era gente del calibro di Seedorf, tanto per citarne uno. Ci siamo più volte messi le mani nei capelli quando vedevamo Adriano Galliani strizzare l’occhio ai giocatori a fine carriera, che tanto piacevano al manager brianzolo che certamente al 36enne (trentasei anni) francese un pensierino, fosse stato ancora al Milan, l’avrebbe fatto. Ma no, non scherziamo. Questi sono giocatori che sicuramente portano esperienza, certamente fanno vendere magliette e attirano sponsor, magari tirano ancora dal cilindro qualche magia, ma sui quali, a mio sindacabilissimo giudizio, una squadra che aspira ad essere di un certo livello deve fare a meno. La campagna acquisti è stata disastrosa? Per ora i risultati paiono confermare, ma pazienza. I giocatori giovani arrivati non si stanno dimostrando all’altezza? E’ evidente, speriamo migliorino. Ma mai e poi mai occorre auspicare di costruire una squadra intorno a giocatori sicuramente magnifici, ma con un grande futuro alle spalle. 

Giornalista professionista, marketing & communication manager, social media manager, fotografo amatoriale, milanista, tonsore.