Milan-Napoli presentazione

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Sembra una vita fa…

Tocca al Napoli. Dopo Juventus, Lazio e Roma, il ciclo terribile che ha dato il benvenuto a Stefano Pioli sulla panchina del Milan arriva finalmente al termine, e con il match contro l’avversario meno in forma tra quelli appena citati. Non che il Milan sia in condizioni migliori, anzi, ma a Napoli la situazione è diventata col tempo insostenibile. La pausa Nazionali ha in qualche modo smorzato le tensioni (d’altronde se è vero che “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, sarà altrettanto pacifico che “lontano dagli occhi, lontano dalle palle”), ma le scorie sono ancora tutte lì, tanto nello spogliatoio quanto in campo. Non interessano più di tanto i gossip, la cronaca degli screzi, dei litigi e le previsioni su chi lascerà l’ombra del Vesuvio. Egoisticamente, ciò che più ci interessa è in che modo la situazione che sta vivendo il Napoli potrà avvantaggiarci nell’impresa di non concludere un match con 0 punti.

Come espresso poco fa, il break di 15 giorni ha giocato a favore del gruppo di Ancelotti, che ora sarà probabilmente molto meno teso di quanto non fosse in precedenza. Più che a livello emotivo, dunque, le difficoltà dei campani saranno quelle che hanno mostrato finora nelle varie competizioni, soprattutto in Italia. Sorprendono in particolare le 16 reti subite, uno sproposito se considerato il valore della coppia difensiva degli azzurri, composta da Koulibaly e Manolas. In generale è però sconfortante la sensazione di scollatura che palesa la banda di Ancelotti. Il Napoli di questi anni ha sempre avuto una forte identità di gioco (prima ancora che continuità di uomini), riconoscibile e sempre nel solco della propositività. Dall’esperienza di Benitez a quella di Sarri e per finire a quella attuale, i giocatori partenopei hanno sempre dato la sensazione di sapere cosa fare a prescindere da chi avesse il pallone o dal momento della partita che stavano vivendo. Una sorta di organismo coerente e unito, qualcosa di prossimo al concetto di calcio totale. In questa stagione la sfilacciatura è invece evidente, con pochi lampi di classe (quasi sempre di Fabian Ruiz) e ancora meno continuità.

Nonostante il Napoli di oggi faccia molta meno paura di quello che fino a pochi mesi fa ottava per lo Scudetto (o provava a farlo), non dimentichiamo chi siamo: il Milan di Pioli, quattordicesimo in Serie A. Oltretutto, anche i precedenti non ci sorridono: i campani hanno perso uno solo degli ultimi 16 match di campionato contro il Milan, quello risalente al dicembre 2014, quando sulla panchina di San Siro sedeva ancora Pippo Inzaghi. È poco lusinghiero anche il ruolino di marcia nelle ultime 5 partite, con un pareggio, una vittoria e tre sconfitte. Una mattanza, insomma. Per i padroni di casa la formazione sarà il solito, insopportabile 433, con Donnarumma in porta, Conti, Musacchio, Romagnoli e Theo Hernández in difesa, Paquetá, Biglia e Krunić a metà campo e l’attacco atomico Suso, Piatek, Bonaventura. Per il Napoli, invece, lo scolasticissimo 442 che vedrà tra i pali Meret, davanti a lui Di Lorenzo, Manolas, Koulibaly e Luperto, in mediana Callejón, Allan, Fabián Ruiz e Insigne e davanti i pesi leggeri Mertens e Lozano. Attenzione soprattutto alla fantasia dei partenopei, alla loro imprevedibilità e rapidità. Non daranno punti di riferimento alla retroguardia rossonera, che nelle ultime uscite già ha dimostrato di non essere proprio al top della propria condizione. Per il Milan fondamentali invece i due terzini e il contributo che potranno dare al gioco offensivo, soprattutto mettendo pressione ai due esterni di centrocampo – Callejon e Insigne – certo non dei fulmini di guerra sul piano difensivo. Staremo infine a vedere chi riuscirà a prevalere tra l’attacco che non segna mai e la difesa più deludente del campionato. Sfida avvincente.

Fab

Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.