Nel segno di Paolo

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Avete esultato l’altra sera quando il PSG ha sbattuto fuori l’Atalanta dalla Champions League? No? Vi capisco, anche io, rari casi a parte (potete immaginare quali) ho sempre tifato le italiane, specie le medio piccole, nelle competizioni europee. Sì? Vi capisco, anche a me sta qui la supponenza di Gasperini, la sua arroganza malcelata dietro semplicità e umiltà dell’uomo della strada che dell’uomo della strada non ha nulla. La risposta è binaria: o sì o no, e per quanto mi riguarda sono comprensibili entrambe. C’è però una risposta che credo sia uguale per tutti noi, ed è sì. La domanda? È se li avete invidiati, anche solo per un istante, per essere lì a giocarsela, almeno quello. E a giocarsela bene, gliene dobbiamo dare atto. O perlomeno al meglio delle loro possibilità.

Dobbiamo passare anche da questi sentimenti, che se canalizzati in modo efficace non possono che essere positivi. Non per noi tifosi, che poco possiamo fare nel gioco delle parti della nostra società, quanto per chi la amministra. In particolare, mi riferisco a Paolo Maldini. Col senno di poi, la prima vera stagione da deus ex machina della parte sportiva della squadra della bandiera rossonera tanto negativa non è stata. È “bastato” normalizzare una situazione che con Giampaolo era diventata insostenibile per far sbocciare alcuni dei talenti da lui (e Boban, non dimentichiamolo) sono stati portati a Carnago la scorsa estate. Giocatori dal futuro si spera roseo e spendibili come punti fermi del nostro futuro. Theo Hernandez e Bennacer, ma anche Rebic e Leao, si sono saputi imporre – chi più, chi meno – sul palcoscenico rossonero. Certo scarno, se paragonato ai tempi in cui il numero 3 annullava i più grandi fenomeni del calcio, ma comunque di un certo livello. Queste sono le basi su cui costruire una rifondazione che, speriamo, possa essere finalmente compiuta.

C’è ora da fare un lavoro di scalpello, ma anche di cesello. Dare ulteriore forma all’identità della squadra laddove le situazioni sono più critiche, ma contemporaneamente rifinire i contorni di una rosa che va indirizzata verso una direzione che comunque, nell’ultimo periodo, non può che essere definita incoraggiante. A destra, ad esempio, si deve intervenire con grande decisione. Conti e Calabria si sono dimostrati non all’altezza di ciò che il Milan richiede loro: si renderà dunque necessario un investimento alla Hernandez. Aurier potrebbe essere un buon compromesso, ma forse non sul lungo periodo. Sarebbe auspicabile un investimento più corposo, non necessariamente a livello economico. Anche più avanti, sempre sulla stessa fascia, Castillejo è stato rigenerato dalla cura Pioli, ma avrebbe bisogno di un concorrente più spendibile di Saelemaekers per essere pungolato e al contempo alternato. A centrocampo il ritorno di Bakayoko sarebbe tanta roba, dando un’alternativa tattica e fisica di primo livello. In più in mezzo alla difesa e dietro le punte servirebbero dei completamenti di buon livello agli elementi già presenti.

Il Milan della prossima stagione (che poi è del prossimo mese) necessita di più alternative per poter competere con chi ci ha scalzato dalle posizioni d’élite della Serie A. Ha bisogno della giusta determinazione e classe, di fisicità e malizia. Di esperienza e freschezza. Vi dirò la verità, a me questo gruppo piace e ispira fiducia. Ci troviamo tra le mani una discreta base, che può diventare molto buona nel giro di poche settimane. Comunque abbastanza competitiva da farci fare un piccolo salto di qualità. Per fare ciò dovremo ancora una volta votarci a San Paolo, lo stesso che bruciava coi suoi tackle le incursioni nemiche verso le porte di Galli, Pazzagli, Rossi, Abbiati, Dida. E non dimentichiamocelo: anche lui deve crescere. Aspettiamoci qualche cantonata, ma con un minimo di fiducia, questa ancora una volta, me lo sento di dire, guadagnata sul campo.

Fab

Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.